Lunga vita la popolo palestinese!

12.5.21

È ormai da una decina di giorni che vengono diffuse sul web immagini e video che confermano, ai danni del popolo palestinese, un’esplosione di violenza di una portata mai vista.

Al centro della questione Gerusalemme, in particolare Gerusalemme est, territorio occupato nella Risoluzione 242, ma annesso ad Israele dopo la guerra del 1967 (la famosa guerra dei 6 giorni).

È in atto un tentativo legale di espulsione di 13 famiglie da Sheikh Jarrah, quartiere storico di Gerusalemme est, sul quale si deve esprimere la Corte Suprema Israeliana.

Questa sembra essere la goccia che ha fatto traboccare il vaso, ma che di fatto raffigura una situazione di continue tensioni e violenze che si protraggono da decenni senza soluzione alcuna.

Sono innegabili le discriminazioni sul lavoro, nell’accesso all’istruzione, nell’acquisto di terreni per abitazioni, nella tutela della salute che ogni giorno il popolo palestinese è costretto a subire.

La situazione si è aggravata con l’approvazione della legge “STATO-NAZIONE” nel 2018 che riconosce uno status privilegiato dell’etnia ebraica rispetto a quella araba.

In questo caso è difficile non riconoscere come il diritto diventi uno strumento di segregazione e di oppressione. Affermare la supremazia di un’etnia rispetto ad un’altra e consentire l’espulsione di massa da intere porzioni di territorio confermano la finalità persecutoria e colonialista dello stato di Israele.

Per i feticisti della legge non è in atto alcuna discriminazione perché tutte le operazioni israeliane sono conformi alle regole, che però lo Stato di Israele ha illegittimamente imposto al popolo palestinese, attraverso l’utilizzo della violenza militare ed economica.

È in atto, infatti, un processo di annessione graduale di ciò che resta sotto il controllo dell’autorità nazionale palestinese e dei suoi abitanti, attraverso pratiche criminali che tutt’oggi sono impunite.

Si pensi alla negazione dei diritti da parte di un gruppo ai danni di un altro, alla negazione sistematica di risorse quali cibo, acqua e corrente, alla negazione del diritto di potersi muovere liberamente, alla separazione fisica e giuridica tra i due gruppi attraverso l’istituzione di un sistema giuridico diverso per ciascuno di essi.

Queste pratiche configurano un’evidente situazione di oppressione dei palestinesi e di supremazia degli israeliani.

Ciò che è inaccettabile è il silenzio della comunità internazionale e delle istituzioni europee. Ancora una volta si guarda da distante permettendo che questi crimini possano compiersi anche in futuro. Il desiderio di supremazia etnica sta spazzando via qualsiasi briciolo di umanità.

Non si può fare altro che indignarsi ancora una volta per la mancata presa di posizione di fronte al massacro di civili, di donne e di bambini.

Non resta che unirsi al grido d’aiuto che proviene da chi lotta e resiste nei territori palestinesi e continuare a sperare nella resistenza contro il regime israeliano.

Le immagini dei coloni israeliani che ballano e cantano allegramente, mentre il regime continua a massacrare i civili palestinesi, fanno rabbrividire. Come può un essere umano arrivare a desiderare così tanto la sofferenza altrui al punto da gioire per questo?

Come si può tollerare un’irruzione della polizia in moschea con sole donne durante il mese di Ramadan?

Che bisogno c’era di utilizzare quella violenza e di sparare i gas lacrimogeni all’interno di un luogo di culto?

Come si fa ancora a paragonare la forza militare israeliana a quella palestinese?

A me capita spesso di chiedermi come tutto questo sia possibile e a dirvi la verità credo che una risposta vada ricercata in ciò che intendeva la “Harendt” con la banalità del male.

 

RESISTI PALESTINA!

 

25 aprile 2021, le Resistenze e le Liberazioni

27.4.21         

ARCHVIO DEI MATERIALI INERENTI LA FESTA DELLA LIBERAZIONE 2021

 

 

Il 25 aprile 2021 siamo finalmente tornati a celebrarla e festeggiarla nella strade e nelle piazze, anche a Verona.
Distanti dalla retorica che vorrebbe ricondurre tutto all’uscita dalla pandemia, (che peraltro non pare poi così immediata) e da chi vorrebbe incasellare tutti nel ruolo di aperturisti o chiusuristi. In fondo la liberazione dalla pandemia, per come la intendiamo noi, non è determinata dalle riaperture, e forse nemmeno dalle vaccinazioni, ma sarà invece determinata dalla rimozione delle cause che hanno creato questa emergenza sanitaria, e cioè un modello di sviluppo non solo insostenibile ma ormai autodistruttivo. E’ infatti evidente da diversi studi scientifici che la deforestazione, l’inquinamento, come gli allevamenti intensivi e l’antropizzazione estrema dei territori sono le cause principali di questa pandemia e di altre che, dicono sempre gli studiosi, diventano plausibili se non probabili. Lo stesso risiko dei vaccini, utilizzati per motivi geopolitici dagli stati e come moltiplicatori di profitto dalle multinazionali squarciano il velo, a nostro avviso, sull’ipocrisia che sta dietro all’utilizzo di parole in modo errato e strumentale, come ad esempio proprio Resistenza e Liberazione.
Insomma, non siamo tra coloro che anelano al “tutto come prima” ma pensiamo invece, ispirandoci proprio ai partigiani, che la Resistenza è fondamentale ma che l’ottica deve essere quella di costruire un mondo nuovo. In fondo l’idea repubblicana e quella di un’unione degli stati europei, sicuramente ben diversa da quella economicista che abbiamo oggi, nacque proprio dalla Resistenza e fece parte del bagaglio emotivo e costruttivo della Liberazione.
E’ per questo motivo che, accanto alla rievocazione di ciò che fecero i nostri vecchi per liberarci dalla dittatura nazifascista e alla costante denuncia e al contrasto al riemergere di nuove pulsioni che si ispirano a quell’ideologia malata, abbiamo cercato di attualizzare quell’idea di Libertà e Resistenza al mondo di oggi.
Le cose e le storie in fondo si intersecano, e il presidio che si è svolto in Piazza Bra nel pomeriggio dell’altro ieri promosso dall’assemblea 17 dicembre ha proposto il consueto ricordo dei deportati e degli ammazzati spesso dimenticati nelle celebrazioni ufficiali: i deportati politici, gli zingari, gli omosessuali, i testimoni di Geova, i disabili…Ma non poteva mancare la denucia di chi oggi viene detenuto nei nuovi lager, quelli libici, ad esempio, e di quelle migliaia di vittime, che spesso restano senza volto, che vengono lasciate morire in mezzo al mare o sulla rotta balcanica, con l’indifferenza, e non il beneplacito, degli stati europei, sempre pronti a dichiarare il loro senso civico ma del tutto inadempienti nell’applicarlo.

Un momento del presidio in Piazza Brà

La distruzione progressiva dell’ambiente per meri motivi di profitto e l’ingresso nell’epoca del non lavoro o del lavoro sempre più parcelizzato e precario, al quale probabilmente si aggiungeranno progetti di robotizzazione massivi, magari utilizzando proprio i fondi dedicati all’innovazione e contenuti nel famoso Recovery Plan non fanno presagire nulla di buono. Sappiamo bene come sia proprio nei momenti di crisi socio-economica più nefasti che attechiscono egoismi e autoritarismi, parenti stretti del fascismo e purtroppo già se ne vedono chiaramente i contorni anche nel nostro paese. Sempre in Piazza Bra, dopo gli interventi al microfono aperto, modalità realmente libertaria che spesso molte forze politiche non utilizzano, le lancette del tempo sono tornate indietro, rievocando, nel monologo di Margherita Sciarretta, la figura di Vittore Bocchetta, partigiano, antifascista, deportato, artista, e testimone, fino in tardissima età, di ciò che ha rappresentato e che potrebbe nuovamente rappresentare il fascismo. Infine la giornata del 25 aprile è stata chiusa dalle pièce teatrali del Teatro Popolare, ricordandoci quanto l’arte e la cultura siano fondamentali proprio nella ricerca e nella consapevolezza di un mondo nuovo.


Andando a ritroso e ricordando gli altri momenti importanti della giornata di ieri ricordiamo la biciclettata antifascista e i due presidi organizzati da un gruppo di antifascisti veronesi che, ancora nel nome della riatualizzazione della Resistenza e della Liberazione, hanno indicato e denunciato pubblicamente lo scempio ambientale e sociale che si sta compiendo anche nella nostra città. Lo hanno fatto spostandosi in alcuni luoghi simbolici come quelli in cui dovrebbero sorgere i cantieri dell’Alta velocità o dove il cemento si prepara a coprire immense superfici per opere che nulla hanno a che fare con l’utilizzo pubblico degli spazi urbani.
La figura di Vittore Bocchetta è stata rievocata anche con l’affissione di una gigantografia sul muro di via Cantarane, sottolineando l’importanza culturale e sociale che riveste un quartiere, quello di Veronetta, nel quale le ronde fasciste di casa Pound sono purtroppo una realtà, come le aggressioni ripetute e sempre più pericolose che i fascisti compiono nei confronti di chi rifiuta di adeguarsi al loro pensiero. Anche qui, in questo rione popolare, multietnico e studentesco che forse qualcuno vorrebbe ridurre alla “normalità” per farne speculazione edilizia, e dove sorgono le sedi delle realtà che appartengono all’Assemblea 17 dicembre e ad altre realtà dichiaratamente antifasciste Resistenza e Liberazione sono quanto mai necessarie.

Il manifesto affisso in via Cantarane

Procedendo con il nostro percorso a ritroso siamo arrivati alle prime fasi della giornata del 25 aprile, quando ancora una volta siamo stati costretti a contestare le commemorazioni ufficiali per la presenza di personaggi politici che hanno rapporti e simpatie con le realtà e le persone più in vista della destra radicale scaligera. Il sindaco Federico Sboarina è stato infatti ripetutamente fischiato e non potrebbe essere stato altrimenti vista la composizione stessa della sua maggioranza politica, che lo rende del tutto indifendibile nella sua retorica celebrativa, dove peraltro si guarda bene dal pronunciare una sola frase di condanna al cui interno sia inserita la parola “fascismo”. L’amministrazione che lui guida, oltre ad essersi dimostrata altamente incompetente su grandi temi quali il filobus e il Parco dello Scalo, ed aver tutto sommato seguito le linee cementifere della precedenti amministrazioni Tosi, è nota in tutto il territorio nazionale per le sue posizioni sessiste e omofobe e per i rigurgiti nostalgici che, con cadenza preoccupante, infangano la nostra città. Basti citare, per esempio, la recentissima nomina a presidente della commissione consiliare dedicata alla sicurezza di un consigliere comunale, Andrea Bacciga, che oltre ad essere un sodale della formazione nazifascista Fortezza Europa, e sotto processo per essersi esibito in un saluto fascista rivolto alle attiviste di Non una di meno nel bel mezzo di una seduta consiliare. Di esempi simili, che certificano il connubio tra l’amministrazione Sboarina e la destra fascista scaligera ve ne sono molti altri e per conoscerli vi invitiamo a seguire la nostra pagina.
Prima di lasciarvi alla visione dei materiali raccolti su questo 25 aprile, vi invitiamo a rendere il concetto di Resistenza e Liberazione opera quotidiana, facendone un contributo per costruire un mondo migliore. Questo rappresenta sicuramente il contributo migliore per ricordare, al di là delle giornate specifiche e delle commemorazioni ufficiali, chi ha combattuto per liberarci dall’incubo nazifascista.

ARCHVIO DEI MATERIALI INERENTI LA FESTA DELLA LIBERAZIONE 2021

Da Salvini a Fratelli d’Italia, tutte le alleanze di Casa Pound

Dopo parecchi cambi di rotta Casapound torna a quella che per l’estrema destra è sempre stata una sicurezza: il rapporto privilegiato con la forza politica più vicina, erede del Msi che ricompare infatti nel simbolo, ora anche in ascesa nei sondaggi e nelle intenzioni di voto, Fratelli d’Italia.
Quasi un ritorno a casa, verrebbe da dire.
Ma le alleanze e le strategie dei “fascisti del terzo millennio” meritano uno sguardo più approfondito, anche perchè questi cambi di direzione, qualcuno anche brusco, sono stati parecchi.
Per comprendere meglio il percorso però è utile iniziare dagli esordi.
L’apprendistato di quella che sarebbe poi diventata Casapound si forma all’interno di quello che era il gruppo più forte dell’estrema destra di quell’epoca, il Movimento Sociale Fiamma Tricolore.
Siamo nel 2004 e il gruppo che ruota intorno a Gianluca Jannone sta già sperimentando linguaggi e pratiche politiche, in cui c’è ovviamente spazio per assalti e aggressioni, che poi vedremo negli anni successivi.
Tradizionalmente diviso, e anche litigioso al suo interno, il neofascismo sperimenta un periodo di convivenza tra le sue varie componenti nel partito fondato da Pino Rauti.
Ma il gruppo che poi sceglierà il simbolo della tartaruga con le frecce è una specie di partito nel partito con cui convivere non è semplice: in quella fase vengono infatti gettate le basi della propria attività futura con le cosiddette “occupazioni non conformi” e si sperimentano i primi contatti con la politica.

Il palazzo romano di via Napoleone III, poco lontano dalla stazione Termini- di proprietà del ministero della pubblica istruzione che diventa poi la sede dell’organizzazione- fu occupato nel 2003 quando al Miur sedeva Letizia Moratti, da cui non partì nessuna denuncia, e quando alla regione Lazio il presidente era Francesco Storace.
E alle elezioni del 2008, Fiamma Tricolore sceglie di allearsi proprio con il partito di Storace, la Destra.
Nelle liste c’è anche Jannone che però sembra avere più interesse per la costruzione del proprio gruppo che per la candidatura alla Camera che comunque accetta.
La coalizione di estrema destra però va poco più lontano del 2% non riuscendo ad eleggere deputati nè senatori.
Poco dopo la sconfitta, il gruppo occuperà la sede del partito chiedendo un congresso straordinario e finendo così per essere espulso dalla Fiamma Tricolore: la decisione sarà di mettersi in proprio assumendo la denominazione e le sembianze che conosciamo.
Questo periodo per Casapound- che sempre nel 2008 diventa partito anche se preferisce autorappresentarsi come movimento- è quello della costruzione e della federazione di esperienze simili a quella romana nate in diversi territori, tra cui c’è anche Verona. Cresce il Blocco studentesco, inizia quella che sarà una campagna che durerà a lungo, quella sul cosiddetto “mutuo sociale” ma molto si punta anche su internet con il sito nazionale, il forum Vivamafarka e la web radio Bandiera nera.
Tutto il percorso iniziale dell’organizzazione è bene descritto nel libro di Elia Rosati “Casapound Italia. Fascisti del terzo millennio” (Mimesis edizioni) che infatti scrive “La vera sfida fu infatti estendere le pratiche già sperimentate e la tattica dei luoghi di socialità, definita “non conforme” in tutto il paese con la creazione di centri aggregativi in ogni provincia”.
La macchina organizzativa è dunque in pieno movimento e per Casapound arriva anche il momento delle sfide elettorali e delle alleanze politiche.

Parola d’ordine, sovranità

E’ alle elezioni europee di 3 anni dopo che il gruppo inizia ad entrare sul serio sul palcoscenico nazionale quando decide di sostenere la candidatura di Mario Borghezio a Roma per la Lega Nord.
Borghezio- che da giovane aveva militato in Avanguardia Nazionale- viene accompagnato in alcune iniziative e riesce ad essere rieletto con quasi 6 mila preferenze.
E infatti poi ringrazierà pubblicamente: “L’elezione è arrivata anche grazie all’ispirazione di Ezra Pound”, ricambiato da Jannone contento del lavoro svolto per “una persona onesta, coraggiosa che merita il nostro rispetto”
Nel nome di Borghezio inizia quindi il rapporto con la Lega di Salvini.
Un rapporto che ha avuto alti e bassi ma che è continuato per parecchio tempo, quasi 5 anni.
A fare da collante le campagne contro i migranti e le Ong, quelle contro l’Europa, l’euro e Bruxelles, e naturalmente il nazionalismo.
Casapound è particolarmente attiva in questo periodo e in fatto di alleanze si è già fatta le ossa con il movimento dei “forconi” che ha sostenuto. Con la Lega vengono ripresi alcuni di quei temi con una sponda stavolta solida e fortemente in ascesa, creando una nuova struttura che prenderà il nome di Sovranità.
Bandiere blu con un fascio di spighe di grano disegnate sopra e lo slogan “Prima gli italiani” sotto: nasce quindi il contenitore fascio-leghista pronto per fiancheggiare la Lega e le sue battaglie agendo nel campo dell’estrema destra.

Di Stefano ad una manifestazione di Sovranità

Salvini interviene in un comizio di Sovranità

Un contenitore che è uno dei tanti travestimenti di Casapound fatto apposta per non creare immediati imbarazzi a Salvini. E per le elezioni ci sono pronte anche le liste collegate, “Noi con Salvini” e “Prima gli italiani” sempre con lo scopo di traghettare destra ed estrema destra in orbita leghista.
Le occasioni per rafforzare il rapporto si susseguono una dopo l’altra: a febbraio del 2015 le bandiere con la spiga, sventolano sotto al palco del segretario leghista in piazza del Popolo a Roma, dove sopra il palco compare pure Simone Di Stefano, leader e nuovo volto pubblico di Casapound, per una manifestazione contro il governo di allora, come a Milano in una manifestazione convocata dalla Lega contro “l’invasione” ed i “clandestini”.
Il legame sembra solido, tante sono le reciproche dichiarazioni di stima e di affetto.
“Ci chiedono: perchè siete stati in piazza con la Lega? Perchè condividiamo ogni singola parola del programma di Matteo Salvini” dice Di Stefano. E i due infatti li ritroviamo insieme al sempre a Roma, al teatro Brancaccio. L’occasione stavolta è un convegno su Roma e la sua giunta dall’evocativo titolo “Roma: si parte da qui”: Casapound gioca in casa e finita l’assemblea ritroviamo a cena insieme sia “il capitano” che lo stato maggiore dell’organizzazione, con Jannone, Polacchi e i fratelli Di Stefano.
Tutto sembra procedere con reciproca soddisfazione ma dopo un po’ di tempo prima i contatti rallentano, poi si fermano facendo naufragare l’esperimento.


Salvini, una volta diventato ministro dell’interno, copre Casapound appena ne ha la possibilità: per la vicenda del palazzo sede dell’organizzazione che non viene toccato mentre gli sgomberi toccano ad altri, e anche nella squallida e violenta vicenda di uno stupro commesso a Viterbo, che emerge nella cronaca nazionale, dove gli stupratori sono proprio due esponenti di Casapound che vengono arrestati.
Salvini riesce nel miracolo di condannare l’episodio senza nominare l’organizzazione. Ma tutto questo a Casapound non basta e la costruzione politica di un polo sovranista dove poter essere protagonisti finisce davvero a gambe all’aria.
Salvini e la Lega del resto hanno il vento in poppa e di Casapound non hanno certo bisogno.
“Da due anni non abbiamo rapporti” dice il leader leghista; dichiarazione che dall’altra parte non viene presa bene e a cui si replica “La proprietà dei simboli di Sovranità e Prima gli italiani li abbiamo noi”.
Insomma, finisce male e a Casapound non resta che cambiare strategia.

A chi lo lo zero virgola? A noi

Se in qualche elezione locale purtroppo qualche risultato arriva- i casi più clamorosi sono prima a Bolzano e poi a Lucca e ad Ostia – e nei territori un po’ di campagna acquisti porta qualche transfuga di altre formazioni in alcuni consigli comunali, a livello nazionale Casapound si gioca tutto con le ultime elezioni politiche dove però si presenta da sola visto che le porte del centro destra sono sbarrate.
I rapporti con Fratelli d’Italia sono conflittuali perchè il partito di Giorgia Meloni vuole presidiare il suo spazio elettorale senza dividerlo con nessuno, quelli con la Lega sono diventati freddi. L’esito finale è uno sconfortante 0,95% quando l’obiettivo sbandierato era l’ingresso in parlamento cioè il triplo dei voti.
L’anno dopo, il 2019, ci sono le le elezioni europee e Casapound ci riprova un’altra volta. E va ancora peggio: 0,33%.
Un disastro che impone una nuova strategia: basta elezioni, niente più simbolo sulle schede elettorali. I militanti si possono anche iscrivere ad altri partiti mentre Casapound dovrà diventare luogo di elaborazione di idee da utilizzare con altre organizzazioni o coalizioni. Tutto il resto rimane come prima ma a decidere per questa soluzione c’è anche un fatto che i diretti interessati si guardano bene dal citare: il processo di Bari per ricostituzione del partito fascista.
Nel capoluogo pugliese Casapound aveva infatti aggredito un gruppo di manifestanti antifascisti di ritorno da una manifestazione contro Salvini che era in città. Nell’aggressione è coinvolta anche Eleonora Forenza, parlamentare europea e militante del Prc: la procura barese chiede il rinvio a giudizio per 28 attivisti di Casapound per ricostituzione del disciolto partito fascista mentre per 10 di loro c’è anche l’imputazione per lesioni personali aggravate.
Il processo è in corso e vedremo come finirà ma per l’organizzazione è un problema in più che impone un profilo diverso.

Ultima fermata, Fratelli d’Italia?

Una delle specialità di Casapound è il travestimento: da associazione ambientalista, da onlus, da gruppo sportivo. Una capacita mimetica che in politica può aiutare soprattutto nei momenti difficili. E infatti, abbandonate le velleità di riuscire a farcela da sola con il proprio simbolo, partono alcune esperienze che ci possono indicare alcuni degli sviluppi futuri del gruppo.
A Roma- dove in autunno ci saranno le comunali- nasce Volontà Romana, sigla/contenitore che si propone addirittura “di rifondare Roma”.


Più banalmente una struttura che potrebbe essere usata per le prossime amministrative: “Sosterremo il candidato che presenterà un programma che metta al centro l’ascolto dei territori, un candidato che mandi a casa la raggi e vinca sul Pd”. I primi ad essere interpellati e a fare un’iniziativa con Carlotta Chiaraluce- nuovo volto di Casapound emersa dal successo elettorale di Ostia- sono proprio quelli di Fratelli d’Italia.
In tutto questo progetto però nome e simboli storici vengono oscurati.
Un percorso più o meno simile è quello di Firenze con la creazione di Firenze Identitaria. Anche qui il partner scelto per i primi passi è Fratelli d’Italia, nella fattispecie un consigliere comunale che è anche esponente di Casaggì, gruppo fiorentino di estrema destra poi approdato nel partito della Meloni.
La tattica è abbastanza chiara: dare una riverniciata all’immagine facendo apparire nuovo quello non lo è costruendo relazioni con il partito in ascesa nella propria area in vista delle prossime amministrative. Qualche candidatura potrebbe scapparci.
Altra esperienza che conferma questa strategia è quella delle “mascherine tricolori” comparse nel primo periodo del lockdown in molte città- Verona tra queste con più presidi- per protestare contro chiusure, “dittatura sanitaria” e sostenere soprattutto le richieste dei commercianti e della ristorazione.
Alla presenza nelle piazze si aggiunge ovviamente quella mediatica in rete con le pagine sui vari social. E anche qui il contatto è con una parte di quello che probabilmente sarà lo zoccolo duro dell’elettorato di Fratelli d’Italia.
Il pressing da parte di Casapound è forte, diffuso su parecchi territori e al momento trova consenziente il partito della Meloni e i suoi dirigenti.
Ci sono stati convegni, iniziative pubbliche, il responsabile di Viterbo di Casapound si è iscritto a Fratelli d’Italia, a Cesena militanti di Casapound hanno volantinato per il partito.

Giorgia Meloni con Forza Nuova e Casa Pound

Dall’altra parte ci sono stati i complimenti e gli elogi pubblici di Elena Donazzan per i militanti vicentini della tartaruga: “Grazie a Casapound che aiuta gli italiani, il Pd impari la lezione” e la vicenda del monumento eretto a Trecate, provincia di Novara, in onore di un giovane volontario della repubblica sociale. La proposta l’aveva fatta Casapound e il sindaco del paese Federico Binatti, che ora è anche presidente della provincia di Novara ed ha aderito a Fratelli d’Italia , l’aveva prontamente accolta.
Fratelli d’Italia sta diventando una calamita per l’estrema destra e Casapound preme per entrare anche perchè altre approdi possibili nell’immediato non ne ha.
E magari i tanti camuffamenti potrebbero aiutare.

Gli studenti protestano e vogliono risposte…Qualcuno è in asolto?

18 novembre 2020

La locandina dell’iniziativa

 

Ieri gli studenti delle scuole secondarie di secondo grado hanno messo in scena dei flash-mob davanti ad alcuni istituti cittadini. Si tratta di un’iniziativa nazionale concordata con Priorita alla scuola e Ridateci il futuro, e condotta a Verona dalla Rete degli Studenti Medi.

Essi rivendicano il diritto al tornare nelle aule in presenza, per evitare che, come scrivono in un comunicato stampa, “un’emergenza ne crei un’altra”.

 Non si tratta nè di sottovalutare la pandemia, ma semplicemente di agire con un minimo di buon senso e alla luce dei dati che certificano la scuola come luogo

Ma perché sacrificare la scuola e mettere in gioco il futuro di ragazzi che già hanno pagato un alto prezzo durante la prima ondata di emergenza sanitaria? Perché creare i presupposti per un ulteriore aumenti dell’abbandono scolastico? La scuola dovrebbe essere uno strumento per dare la possibilità a tutte e tutti di non rimanere indietro, riuscendo a colmare le differenze sociali che sono create dal mondo degli adulti e che i ragazzi subiscono loro malgrado. Nemmono in condizioni normali questo principio basilare è sempre garantito, e figuriamoci cosa può accadere in regime di didattica a distanza, quando non tutti partono dalle stesse condizioni, perché alcune famiglie non hanno la connessione internet, altre non hanno il denaro per acquistare i computer o i tablet, e altre ancora vivono in spazi così ristretti da non permettere una soluzione adeguata per seguire le  lezioni.

Ma la scuola è anche fucina di socialità, una necessità alla quale i giovani hanno già rinunciato per diversi mesi e alla quale, proprio per la loro formazione e il loro benessere, non possono rinunciare nuovamente.

Non si tratta di egoismo, come qualcuno potrebbe pensare, perché il presupposto dal quele parte il nostro ragionamento, lo ricordiamo, sono sempre e solo i dati del contagio nelle scuole, forniti dalle autorità competenti.

Tutti devono fare la loro parte, si continua a ripetere, ma pare sia un messaggio inascoltato. Prestando ancora attenzione ai dati è stato ampiamente chiarito che i contagi che si verificano tra gli studenti, e non solo, sono dovuti al mancato adeguamento del trasporto pubblico.

L’estate scorsa sarebbe stato il momento delle scelte e delle azioni e invece, pre quanto riguarda questa tematica, si è forse preferito pensare che il problema non si sarebbe ripresentato.

Il governo era troppo impegnato nel glorificare la mignificenza del caso Italia, così risolutivo nello sconfiggere l’epidenia da apparire ormai un modello vincente e studiato nel mondo. L’opposizione si spingeva a dichiarazioni pericolose affermando che il virus non esisteva più, o era talmente depotenziato da rendere inutili le mascherine. Entrambi minimizzavano la possibilità di un ritorno dell’emergenza, troppo occupati nel favorire la stagione turistica e a far ripartire gli affari. Chi provava a mettere in guardia dal facile ottimismo, scienziati compresi, veniva ignorato o additato come corvo terrorista.

E’ stato questo il brodo nel quale alcune prevenzioni dirimenti sono state accantonate, salvo poi, all’ultimo momento, cercare di porvi parzialmente rimedio con ordinanze e decreti framcamente ridicoli. La capienza sui trasporti pubblici ridotta all’80%, (mica poco tra l’altro) senza nemmeno indicare chi e come avrebbe potuto effettivamente controllare l’afflusso delle persone ne è forse l’emblema. Il braccio di ferro tra Regioni e Governo nell’occasione è riaffiorato dirompente ed è stato risolto con compromessi mai all’altezza della situazione.

Difficile anche attribuire le responsabilità di tutti questi errori e delle sottovalutazioni. Le regioni accusano il governo, che sicuramente ha delle colpe, dimenticando però che la riforma del titolo quinto delega proprio alle regioni tematiche come quelle inerenti il trasporto pubblico, devolvendo ad esse il denaro necessario.

In fondo sarebbe forse bastato stipulare convenzioni tra regioni e ditte private del trasporto turistiche, concedendo loro un adeguato compenso in un momento nel quale sono totalmente inattive.

Lo scontro tra regioni e stato centrale è del tutto incacettabile ma con esso si raggiunge il torbido obiettivo di nascondere le responsabilità, di non far uscire la polvere da sotto il tappeto.

A farne le spese sono stati i contagiati, e purtroppo i molti morti, che nella prima ondata si sono registrati a Bergamo e in gran parte della Lombardia, a causa della mancata chiusura della Val Seriana, oggetto di un rimpallo di responsabilità che ha eretto una vera e propria cortina fumogena.

Oggi invece, per le stesse identiche modalità, nè pagano il conto gran parte dei ragazzi, costretti ad una didattica a distanza che li preclude alla socialità, ad una formazione adeguata e, in alcuni casi, allo stesso diritto allo studio sancito nella Costituzione.

Gli studenti, con le loro iniziative di ieri in tutta Italia, chiedono se, almeno ora, si stanno prendendo quei provvedimenti che sono mancati fino ad oggi per tornare nelle aule in prsenza e in sicurezza…Toc, Toc, Toc…C’è qualcuno nei Palazzi dove si prendono le decisioni? Qualcuno risponde? O dovranno buttare giù la porta?

(le foto sono state tratte dalla pagina facebook di Rete Studenti Medi Verona)

COMUNICATI STAMPA:

17.11.15 Rete degli Studenti Medi Verona #Ancora_dimenticati

RASSEGNA STAMPA:

20.11.17 Veronasera “La scuola si fa a scuola”. Sit-in di protesta davanti agli istituti chiusi”.

Un presidio vincente e l’imprescindibilità di un reddito universale di esistenza

14 novembre 2020

 

La locandina dell’iniziativa

Ieri mattina si è tenuto un presidio davanti alla sede della municipalizzata di Verona Agsm, erogatrice di acqua, corrente elettrica e gas. La protesta è stata motivata dalla necessità di risolvere una vicenda legata al distacco di luce e gas subita da una famiglia che non riesce più a pagare le bollette.

In realtà la situazione portata alla ribalta ieri è paradigmatica rispetto alle molte famiglie, o persone singole, che sono in grave difficoltà economica a causa delle attuali difficoltà nel percepire reddito in questo perìodo contraddistinto dalla mancanza totale di “ristoro” nei confronti di chi è già penalizzato dal lavoro nero o di chi è sottoposto a contratti di lavoro talmente precari da non poter accedere comunque a nessun tipo di amortizzatore sociale.

La questione del reddito, inteso come strumento per continuare a soppravvivere al di là dell’effettiva possibilità di lavorare, diventa oggi centrale, e dovrebbe assumere ancor più centralità anche dopo che la crisi pandemica sarà risolta, perché in ogni caso la precerietà di milioni di persone sacrificate allo “sforzo produttivo” non è più accettabile.

Il ritorno alla normalità da più parti invocato rappresenta per molti un incubo, perché proprio quella normalità costituisce il problema.

Affrontare in questo articolo le connessioni tra la pandemia e l’attuale sistema economico capitalista non è possibile perche equivarrebbe a lanciare slogan senza proporre un’analisi ponderata, come solitamente siamo abituati a fare, ma, in attesa di affrontare tale argomento in modo più complesso, riteniamo di non poterci esimere dall’indicare proprio questo tipo di sistema produttivo come responsabile principale della pandemia.

Anche per questo pensiamo che tutte le iniziative tese alla redistribuzione della ricchezza siano, anche eticamente, imprescindibili. Il denaro per istituire un reddito universale a prescindere dalla situazione lavorativa vanno presi a chi, anche in questi mesi, sta aumentando i profitti in modo esponenziale. L’iniziativa più semplice e veloce per affrontare le posizioni più drammatiche è sicuramente la tassa patrimoniale che, mentre nel nostro paese resta un tabù, è stata già introdotta in un altro paese dell’Unione Europea come la Spagna.

 Un reddito svincolato dal lavoro è tanto più necessario anche perché è logico immaginare che la maggior parte dei prossimi investimenti privati, tanto anelati da tutta la politica e la classe imprenditoriale, saranno destinati, per quanto possibile, alla sostituzione della forza lavoro con i robot e le macchine, in nome di una trasformazione industriale peraltro già iniziata da tempo, ma destinata ad una notevole accelerazione, finalizzata al mantenimento del massimo profitto anche nel caso di eventuali prossimie pandemie  che causerebbero nuovi blocchi produttivi.

 

 

Tornando al presidio davanti all’Agsm, che tutto ciò sottende, segnaliamo che i promotori dell’iniziativa, (Laboratorio Autogestito Paratodos, Falegnameria Resistente e Adl Cobas) sono riusciti ad ottenere un incontro con il Presidente della municipalizzata, che ha preso l’impegno, tutto da verificare al di là degli annunci, di bloccare i distacchi di luce, acqua e gas per un lungo perìodo, e a farsi parte attiva anche verso il Comune perché dia tempestive informazioni riguardo alle morosità , cosa che oggi non avviene.

Nel contempo gli stessi promotori,  assieme all’associazione “Equilibrio Precario” hanno aperto uno sportello sociale denominato “Stop bollette e taglio utenze” con l’obiettivo di supportare le persone che riscontrano queste problematiche.

Per Informazioni

adlcobasverona@gmail.com

paratods19@gmail.co

Dove va l’America? Trump, verso la sconfitta, prova ad incendiare le polveri

5 novembre 2020

 

 

 

Ieri mattina presto l’elezione di Joe Baiden alla Casa Bianca pareva compromessa, ma già a metà mattinata abbiamo assistito ad un’inversione di tendenza. Il candidato democratico è passato avanti nei conteggi in Michigan e Wisconsin, come peraltro in Nevada e Arizona. I primi due stati sono stati attribuiri ai democratici mentre negli altri due, oltre a Pennsylvania, Gerorgia e Carolina del Nord, lo spoglio prosegue.

Un record Baiden lo ha già raggiunto, ottenendo il maggior numero di voti mai quantificati da un candidato durante la lunga storia elettorale statunitense. Il merito, in questo caso, più che a lui va però attribuito al presidente in carico, talmente divisivo da aver trasformato la tornata elettorale in un referendum sulla sua gestione presidenziale, oltre chè sulla sua persona, dal carattere spigoloso, ambiguo e contigua alle posizioni dei suprematisti bianchi. Moltissimi americani probabilmente hanno votato Baiden turandosi il naso perché, al di là della sua esperienza politica di lunghissimo corso, egli esprime posizioni moderate e centriste, tanto che, su alcune questioni, è sicuramente più vicino alle rivendicazioni repubblicane che a quelle della sinistra del suo stesso partito.

Sta di fatto che la situazione è tale per cui anche noi, che ci definiamo “di sinistra” senza se e senza ma, ci troviamo a tifare per Joe Baiden.

Il ribaltamento dei primi risultati che parevano dare a Donald Trump una certa sicurezza è dovuto anche all’enorme afflusso di voti postali.

Si tratta di una tipologia di votazione in voga fin dai tempi della Guerra civile americana, quando la si inaugurò per permettere ai soldati di votare, e fino ad ora, a dispetto delle affermazioni di Trump, non è mai stato dimostrato che si sia prestata a brogli nel suo utilizzoi. La campagna elettorale dell’attuale inquilino della Casa Bianca è stata contraddistinta dai tentativi di sabotare il voto postale perché, ha dichiarato csndidamente Trump, “favorisce i democratici”. In effetti questo è ampiamente dimostrato dal fatto che interessa principalmente i grandi centri urbani, normalmente appannaggio del voto democratico, ma anche questo voro è, ovviamente, del tutto legittimo. Questa tendenza è incentivata, quest’anno, dalla paura di infettarsi durante l’attesa nelle code ai seggi.

Trump per questo sta cercando di veicolare il messaggio che solamente i voti espressi direttamente nei seggi siano legittimi e, per avvallarlo, sta provando a interrompere lo spoglio nei seggi degli stati in bilico che si apprestano a scrutare proprio i voti postali, dopo aver rivolto la stessa azione al voto diretto.

 In realtà, quello che si prefigura come un tentativo di scippo elettorale da parte del presidente, non sta decollando  e si riduce, fino ad ora, alla concessione da parte dei giudici che sono chiamati ad esprimersi sulle cause intentate da Trump, di un maggior controllo da parte dei repubblicani sulle operazioni di voto in Pennsylvania. Una situazione che, se si può definire sicuramente intimidatoria, non permette però, come auspicato, il blocco del conteggio dei voti.

Rispetto a questa forzatura, (cosa ben diversa dal riconteggio dei voti, prassi normale in caso di distanze minime tra i candidati e già utilizzato anche dai democratici), pare che gli stessi maggiorenti del partito repubblicano si mantengano abbastanza distaccati, dopo aver anche, in alcuni casi, criticato aspramente Trump per essersi attribuito, nelle ore scorse, la vittoria mentre il conteggio era ancora ampiamente in corso. Il risultato per i repubblicani è in ogni caso davvero positivo, e forse ad alcuni di loro non dispiacerebbe liberarsi di Trump che, lo ricordiamo, rappresenta comunque un corpo estraneo nel partito.

L’attaccamento alla presidenza di Donald Trump non è dovuta semplicemente alla “passione politica” o ad una sana competizione, seppure aspra. Quello che spaventa il presidente è in realtà la possibilità concreta che, una volta persa l’immunità presidenziale, possa ritrovarsi al centro di numerose inchieste giuridiche e congressuali. Non dimentichiamo che l’apparente opulenta ricchezza di Trump nasconde l’opacità delle origini di quello che è effettivamente stato il suo patrimonio, ma anche un debito attuale di 409 milioni di dollari, gran parte dei quali dovrebbero essere restituiti nei prossimi tre anni.

Insomma, potremmo ben dire che la parabola di Trump, “sceso in campo” per salvare le sue aziende, ricorda quella del famoso imprenditore brianzolo sceso nell’agone politico con le stesse motivazioni.

Tutta questa incertezza e le manovre del presidente per invalidare parte dei voti, unitamente alla denuncia di brogli, senza peraltro dimostrarli, sta creando una situazione di alta tensione. Diversi cortei, sia di sostenitori repubblicani che democratici, stanno attraversando molte città degli Stati Uniti. Intimidazioni repubblicane si registrano al di fuori dei seggi in Pennsylvania e Arizona e alcuni arresti sono avvenuti a New York. Per ora niente di eclatante ma se Trump continuasse, come pare intenzionato, a tirare la corda bloccando le operazioni di voto, aizzando nel contempo il suo elettorato, le cose potrebbero precipitare.

Zaia, il “Re del Veneto”, immune al senso di decenza!

Abbiamo scoperto, sfogliando i quotidiani dei giorni scorsi, che la famosa app Immuni, quella ritenuta indispensabile per tracciare gli eventuali contatti con soggetti positivi, in Veneto non ha mai funzionato.

Il problema non è riscontrabile in qualche errore nel sistema dell’app stessa, ma nel fatto che la Regione non ha mai approntato le procedure per attivarla.

Il caso è venuto alla luce grazie ad un cittadino padovano che, dopo aver riscontrato la sua positività attraverso il classico tampone, ha comunicato, in un eccesso di zelo, il suo codice personale all’Ulss di competenza affinchè fosse inserito nella banca dati dei tracciamenti ma, a quel punto, si è sentito rispondere che il suo gesto era inutile in quanto i dati non vengono caricati proprio perché l’app Immuni, nella Regione Veneto, non è mai stata attivata!

 

La vicenda pare non abbia suscitato tutto lo scalpore che meriterebbe, soprattutto in un momento nel quale la curva dei contagi pare tornata a crescere in modo inesorabile.

L’ente preposto, che pare essere proprio quello diretto dalla dottoressa Francesca Russo, si è affrettato a dire che nei prossimi giorni il “problema” verrà risolto.

Di fronte ad una mancanza così macroscopica ci saremmo aspettiati un minimo di autocritica, se non delle scuse vere e proprie, ma il governatore del Veneto pare essere stato molto superficiale e generico rispetto alla vicenda, preferendo evidentemente mantenere un basso profilo nella speranza che la questione si sgonfiasse.

Un comportamento che, vista la posta in gioco, è sicuramente grave, ma che acquista ulteriore gravità se ripercorriamo alcune delle vicende degli ultimi mesi,

Luca Zaia, infatti, è stato rieletto alla guida della Regione anche grazie alla narrativa, veicolata in tutti i modi, del vincente “modello veneto” nel contrasto nella fase più dolorosa dell’epidemia sanitaria. Nelle conferenze stampa quotidiane  ha vantato, giorno dopo giorno, i meriti di un sistema preso a modello a livello internazionale.

L’occupazione dei mass media non è però stato l’unico modo nel quale Luca Zaia, strumentalizzando la lotta al Coronavirus attribuendosi meriti non suoi, ha costruito la suggestione che l’ha portato ad una vittoria plebiscitaria.

La zampata finale della campagna elettorale, definita dall’opposizione “Propaganda da Corea del Nord-Est”, è stata la pubblicazione di un diario-fumetto, dedicato agli alunni delle scuole primarie venete, che racconta la saga del “Re del Veneto”, (che ha le fattezze del governatore Zaia) mentre, assistito dalla principessa, (che invece rappresenta la dottoressa Francesca Russo stilizzata),  e da elfi e maghi, “sconfigge il nemico invisibile”.

E’ così che il diario “Diversamente Veneto”, che normalmente aiutava i bambini ad individuare province e montagne, è diventato oggetto della prosopopea del Presidente della Regione, individuando nei bambini il target ideale per raggiungere i loro genitori in un esercizio di propaganda elettorale antipatico, arrogante e di cattivo gusto.

 

 

 

 

 

Riteniamo doveroso aprire una parentesi per ricordare che si tratta dell’ennesimo fumetto in stile revisionista dopo quello, completamente decontestualizzato e fuorviante, donato a tutte le scuole del “Regno” dalla riconfermata assessora all’istruzione Elena Donazzan. “Foiba Rossa” ispirato dal film “Rosso d’Istria riscrive le vicende relative alle foibe ripercorrendo la storia di Norma Cossetto, brutalmente uccisa dai partigiani titini ed eretta a simbolo nazionalista dalla destra italiana.

 

Tornando al fumetto di Luca Zaia, la nostra definizione di “pubblicazione revisionista” in questo caso è dovuta ad una narrazione del “modello veneto” di lotta al Coronavirus falsata  dall’esclusione dal racconto del vero artefice di quello stesso modello, il microbiologo Andrea Grisanti. E’ stato lui, e non Luca Zaia o la professoressa Russo, ad intervenire nel paesino di Vò Euganeo per impedire che quel focolaio determinasse ciò che è accaduto drammaticamente a Bergamo in seguito all’esplosione del focolaio della Val Seriana. Successivamente è stato sempre Andrea Grisanti, primo su tutto il territorio nazionale, e in contrasto con le stesse indicazioni dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, a spingere il governatore Zaia ad utilizzare lo strumento dei tamponi. Il professor Grisanti è stato però defenestrato nel momento in cui il Presidente Zaia ha voluto riprendere in mano il timone, tornando ad anteporre l’economia alla salute pubblica e riallineandosi così nel solco del pensiero leghista più salviniano dimostrandosi sordo alle critiche che il microbiologo non lesinava.

D’altra parte, questa lettura distorta è perfettamente in linea con il concetto espresso più volte da Luca Zaia, secondo il quale i meriti nell’aver rallentato l’epidemia in Veneto devono essere attribuiti alla politica, (cioè a lui stesso) e non ai tecnici, (cioè ad Andrea Grisanti) perché è sulla prima che ricadono le responsabilità decisionali.

Seguendo il suo stesso pensiero, non possiamo esimerci dal chiederci perché allora oggi, in relazione al fallimento della sua non azione rispetto all’attivazione della app Immuni, Luca Zaia non abbia la coerenza di adossarsi la completa responsabilità.

Potremmo fermarci qui, ma volendo affondare il colpo fino in fondo non possiamo non aggiungere che ricordiamo bene la spocchia con la quale Luca Zaia accolse la creazione di Immuni, arrivando ad affermare che il Veneto ne avrebbe creata una seconda, funzionante a livello regionale. Evidentemente il progetto si è perso nel rilassamento estivo, forse nella convinzione che tutto fosse ormai passato, ma la vicenda ci lascia in bocca un gusto amaro, che al di là del giudizio sull’utilità dell’app Immuni, pare avere il gusto del boicottaggio.

“Erosiva, la differenza è erotica” contesta e si contrappone alla narrazione al maschile del “Festival della Bellezza”.

Da diversi anni a Verona si tiene il Festival della Bellezza, organizzato dall’associazione Idea e patrocinato dal Comune. Nel corso del tempo l’iniziativa che vorrebbe parlare di eros si è dimostrato sempre più un festival caraterizzato da una visione quasi esclusivamente maschile della tematica, fino ad arrivare all’edizione di quest’anno dove le relatrici invitate sono davvero poche. Accompagnate, tra le altre, dalla scrittrice Michela Murgia, il gruppo femminista Non una di meno Vrona, in collaborazione con diverse altre realtà movimentiste veronesi hanno deciso di evidenziare questa grave mancanza, che loro definiscono “sistemica” organizzando a loro volta una sorta di Controfestival. in questa sezione cerchiamo di ricostruire l’intera vicenda attraverso la pubblicazione e la messa a disposizione di tutte t tutte i nostri lettori di articoli, comunicati stampa e documenti .

 

19 settembre 2020

UN ORGASMO VI SEPPELLIRÀ – Non Una di Meno Verona

 

La serata di ieri è stata incredibile. Dirompente, potente, erotica e, davvero, #erosiva.

Un grazie immenso a tutti e tutte quelle che erano con noi fisicamente in piazza e a chi ci ha seguito a distanza da tutta Italia. Grazie a tutte le realtà che hanno organizzato con noi questo evento nell’arco di una settimana, in barba a tutti i problemi logistici, all’attrezzatura da recuperare, ai permessi che non sono arrivati fino all’ultimo. Grazie infine a MP5, matita militante, per la splendida locandina che ci ha donato, e a tutte le donne meravigliose ed #erosive che hanno parlato:

Michela Murgia

, Chiara Valerio,

Federica Cacciola

, Vera Gheno, Maura Gancitano,

Giulia Blasi

. Avete reso questa serata davvero indimenticabile e siete riuscite a far ridere, godere e ‘venire’ mille persone all’unisono.

PS Ce lo state chiedendo in tantissim*, ma anche noi stiamo cercando di capire se verrà ripubblicato il link dell’intera serata registrata in streaming. Nel frattempo stiamo elaborando un video con alcuni spezzoni della serata… continuate a seguirci!

 

18 settembre 2020

EROSIVE. LA DIFFERENZA E’ EROTICA!

 

L’appello alla partecipazione redatto da Non Una di Meno Verona e siglato da:

Circolo Pink, Sat-Pink Verona e Padova, ANPI Verona,Laboratorio Autogestito Paratodos, Circolo della Rosa Verona, Associazione culturale Isolina e Il Filo Di Arianna, Pianeta Milk – Verona Lgbt Center arci-arcigay, AIED Verona, UDU Verona, Rete degli Studenti Medi Verona, Studenti Per – Accademia di Belle Arti Verona, Gruppo di lettura Berta Cáceres

Venerdì 18 settembre, a partire dalle ore 18.00 a Verona, in Piazza Bra.

Come la pensiamo sui festival di #tuttimaschi l’abbiamo già detto e scritto (badate bene, non stiamo parlando di una questione quantitativa, ma sistemica).

E dunque, ecco una serata che nasce dai nostri desideri, da sguardi e voci differenti: non un evento cultuale, ma di cultura, che racconterà l’eros partendo da sé attraverso letteratura, filosofia e linguistica. Una cultura erosiva: di stereotipi, muri, discriminazioni e declamazioni. E generativa, capace di mettere al mondo nuovi mondi.

IL PROGRAMMA

Michela Murgia Chiara Valerio: “Eros e Thanatos” Giulia Blasi: “Brutta” Federica Cacciola: “Shakespeare in sex” Maura Gancitano: “Il mito della bellezza” Vera Gheno: “Piccola antologia di discorsi sul sesso: dalla letteratura al porno”.

L’eros in piazza

Vieni in piazza, individua il tuo posto preferito e sistema la sedia, lo sgabello o il cuscino che ti sarai portat* da casa.

L’eros ai tempi del Coronavirus

Rispetteremo, con il distanziamento interpersonale e i presidi sanitari (ricorda la mascherina!), tutte le norme previste in materia di prevenzione dal rischio di contagio.

L’eros ai tempi della sorellanza e del consenso

Grazie a tutte le favolose ospiti e a MP5 per la locandina.

Sarà una festa, vi aspettiamo!

 

IL VIDEO DI MICHELA MURGIA AL CONTROFESTIVAL

IL LINK CHE CONDUCE AL VIDEO DELL’INTERA SERATA

 

FOTOGALLERY (Estratte da Facebook)

 

16 settembre 2020

 

12 settembre 2020

Veronasera – «Per ristabilire le quote rosa rinuncio volentieri alla mia partecipazione», scrive ironico Vittorio Sgarbi dopo le polemiche e propone al suo posto «mia sorella Elisabetta» – FESTIVAL BELLEZZA SENZA DONNE, GLI OSPITI COSA DICONO? SGARBI: “RINUNCIO, MANDO MIA SORELLA”.

 

11 settembre 2020

  • Veronasera – Dopo le polemiche a Verona, arriva anche la presa di posizione della consigliera regionale Sandra Miotto che in una lettera inviata agli organizzatori del Festival della Bellezza li invita al «rispetto del principio di parità, di non discriminazione di genere e delle pari – opportunità» – FESTIVAL DELLA BELLEZZA AL “MASCHILE”, SI MUOVE LA REGIONE VENETO: “FORTE SQUILIBRIO DI GENERE”.

 

10 settembre 2020

Regione Veneto (Documento) La lettera della consigliera di parità della Regione Veneto Sandra Miotto, indirizzata agli organizzatori del Festival della Bellezza, che stigmatizza la quasi totale mancanza di presenza femminile

Partito Democratico Verona (Comunicato stampa) UN FESTIVAL DELLA BELLEZZA DEVE NUTRIRE QUESTA CITTA’ ANCHE DI PENSIERO FEMMINILE

 

9 settembre 2020

LA RIMOZIONE DI GENERE AL FESTIVAL DELLA BELLEZZA – Non una di Meno, Michela Murgia, Maggie Taylor

È arrivata anche sui giornali nazionali, spinta dalla presa di parola di molte e molti sui social, una questione che qui a Verona un numeroso gruppo di donne porta avanti da tempo con raccolte firme e proteste: al Festival della Bellezza, promosso da comune, regione, e con un elenco infinito di sponsor che spazia da gruppi editoriali a consigli notarili passando per banche e assicurazioni, sono praticamente #tuttimaschi.

Gli organizzatori si sono giustificati dicendo che “l’attuale programma non riflette quello originario”, e che il vero problema non è che le donne non le abbiano invitate, sono le donne che non ci sono volute venire, per timori e problematiche legate alla Covid-19 (“non se la sono sentita di intervenire”). E dunque, solo maschi coraggiosi e sprezzanti del pericolo al festival di quest’anno. Falso. Dai programmi degli scorsi anni risulta che la situazione è sempre stata quella del #tuttimaschi: o nessuna donna o al massimo tre su venti presenze.

Come scrive Michela Murgia oggi su Repubblica, il problema è generale: “La quota media di partecipazione femminile ai programmi dei festival italiani degli ultimi dieci anni non supera infatti quasi mai il 15%, ma spesso è inferiore, fino ai casi dove si azzera del tutto”. E ancora: “Gli eventi monogenere sono così frequenti che è sorta la necessità di coniare il termine “manels”, che sta per “all-man-panels” (conferenze di soli maschi) e il relativo boicottaggio internazionale, con cellule di attivismo anche in Italia”.

Che fare? Comune e organizzatori da anni ignorano le proteste e, anzi, per il sindaco Sboarina parliamo di un evento che «ha elevato l’offerta culturale della città». Verona che ospita congressi mondiali antiabortisti, che ignora la voce delle donne osannando in Arena uomini accusati di molestie e in cui l’amministrazione sostiene e difende di continuo eventi legati all’estrema destra e al cattolicesimo più estremo si è tra l’altro candidata ad essere capitale della cultura nel 2022.

Che tipo di “cultura” vuol rappresentare questa città?

Murgia suggerisce di rivolgersi ai partecipanti maschi del festival: «Ovviamente a nessuno di loro è stato detto: vieni, non c’è nemmeno una donna, ma immagino che nessuno di loro abbia detto a sua volta: se non c’è nemmeno una donna non vengo. Avrebbero dovuto dirlo? Forse. E forse sono ancora in tempo a dirlo». Si può fare, basta volerlo.

Infine: c’era una giovane donna presente sulla locandina del festival, ora rimossa, ma l’autrice dell’illustrazione, Maggie Taylor, ha fatto sapere che dell’uso ripetuto della sua immagine da parte di un festival-di-soli-maschi non era stata affatto informata.

 

Veronasera (Documento)Vespaio sul Festival della Bellezza: «Poche donne». Maggie Taylor: «Copyright violato»
„Organizzatori obbligati a rimuovere l’immagine tipica della rassegna, la fotografia “Ragazza con un abito di api” dell’artista Maggie Taylor. Critiche per la scarsa presenza femminile, ma il consigliere Pd Benini difende i promotori: «Lasciate perdere le puerili polemiche»“ – VESPAIO SUL FESTIVAL DELLA BELLEZZA: “POCHE DONNE”. MAGGIE TAYLOR: “COPYRIGHT VIOLATO”.

Malora (Documento) OGGETTI MA NON SOGGETTI? IL FESTIVAL DELLA BELLEZZA E LE DONNE. INTERVISTA A GIULIA SIVIERO (Non Una Di Meno Verona)

Traguardi (Comunicato stampa) – CATERINA BORTOLASO E BEATRICE VERZE’ INTERVENGONO SULL’ASSENZA DI OSPITI FEMMINILI NELLA RASSEGNA CULTURALE IN SCENA TRA AGOSTO E SETTEMBRE A VERONA

 

8 settembre 2020

La Repubblica (Documento) – La polemica sulla manifestazione in programma a Verona – IL FESTIVAL DELLA BELLEZZA CHE ESCLUDE LE DONNE – ARTICOLO DI MICHELA MURGIA

I consiglieri leghisti della Regione Veneto che hanno richiesto il bonus di 600 euro stanziato dal governo per le partite Iva in difficoltà

i consiglieri regionali della Laga Alessandro Montagnoli e Riccardo Barbisan, unitamente al vicepresidente della giunta Zaia Gianluca Forcolin, destinatari di migliaia di euro mensili per il ruolo politico ricoperto, hanno richiesto, (e in due casi ottenuto) il bonus da 600 euro stanziato dal governo e stanziato dal governo per le partite Iva in difficoltà. il tutto si inserisce in un contesto ben più ampio che tocca anche il Parlamento. Non si riscontra alcun rilievo penale ma sicuramente un’indegna vicenda legata all’opportunità e all’opportunismo politico. Altra cosa sono invece le richieste dello stesso bonus avanzate da sindaci e consiglieri comunali che, in molti casi, ricevono gettoni di presenza risibili con i quali è davvero impossibile sopravvevere. La differenza va sottolineata perchè, nel caso, ad esempio, del consigliere Montagnoli, il tentativo di unire la sua vicenda con quella di personaggi politici che ricoprono ruoli politici minori, e con ben altri emolumenti, è palese e va rigettato.

 

11 agosto 2020

 

10 agosto 2020

DOCUMENTI il post facebook di Alessandro Montagnoli, dove appare chiaramente che la toppa, a volte, è peggio del buoc