Tutti i soldi di Casa Pound

     29 dicembre 2020

 

 

 

 

Se c’è un elemento che colpisce nell’estrema destra neofascista  di oggi è il flusso di denaro frutto di attività commerciali e imprenditoriali che finisce poi per riversarsi nelle casse delle varie organizzazioni presenti nel nostro paese.

Casapound di questo è un esempio più che  evidente.

Dietro alla organizzazione che ha per simbolo la tartaruga frecciata, con base a Roma ma sedi e presenze in moltissime città italiane, tra cui Verona e Padova nel Veneto,  si possono tracciare tre filoni intorno ai quali girano alcuni personaggi di spicco di questo gruppo che, come vedremo, ricorrono in diverse situazioni, e   alleanze politico imprenditoriali anche a  livello internazionale che fruttano un notevole giro di soldi.

Questi tre filoni sono la ristorazione, la moda e l’editoria.

Ma, insieme a queste tre direttrici,  ci sono anche i finanziamenti che possiamo definire “istituzionali”, quelli che provengono dal 5 mille a vantaggio delle associazioni di area. E qui già si nota una caratteristica di questa formazione: la capacità di mimetismo, la presenza in diversi settori dalle onlus all’associazionismo culturale a quello, più frequentato nel loro caso, dell’associazionismo sportivo.

Intorno a Casapound ruota un universo di associazioni e gruppi: “La Salamandra”, ad esempio, è una onlus che si occupa di protezione civile che si è fatta conoscere soprattutto in occasione del terremoto in Italia centrale, anche se esisteva da prima.

A darle visibilità, un video girato ad Amatrice che mostra il soccorso di un anziano finito sotto le macerie.

“La Salamandra” è una onlus ma è anche  riconosciuta come organizzazione di protezione civile da alcune regioni italiane come ad esempio l’Emilia Romagna e la Campania.

Ma gli ambiti di azione sono i più vari: “La foresta che avanza”, sempre legata a Casapound, è invece un’associazione ecologista e antivivisezionista che fa campagne contro l’uso degli animali nel circo ma è anche la stessa sigla che ha ricostruito la scritta “dux” sul monte Giano, nell’Appennino abruzzese,  e che organizza la festa degli alberi ogni anno in onore di Arnaldo Mussolini.

Elia Rosati, nel suo libro “I fascisti del terzo millennio” (Mimesis, 2018) aveva messo a fuoco in modo estremamente chiaro questa strategia: “Spesso le onlus e le associazioni collaterali ai movimenti di estrema destra vengono inquadrate come la faccia pulita di queste realtà. Ma la situazione è più complessa. La strategia è di attirare militanti attraverso associazioni ambientalistiche, escursionistiche, sportive”.

A chi la carbonara? A noi

Che relazione ci può essere tra il mondo della ristorazione e i “fascisti del terzo millennio”? I ristoranti e le catene di ristoranti hanno avuto un autentico boom in questi ultimi anni complice anche l’enorme sviluppo del turismo- ovviamente in epoca preCovid-  soprattutto nelle città d’arte. E in questo mondo si sono buttati in tanti.

Gianluca Iannone e la sua compagna, Maria Bambina Crognale ad esempio.

I due rilevano un nome noto a Roma, l’Osteria Angelino dal 1899, vicino al Colosseo.

Proprietario è la Mag srl dietro cui troviamo la Crognale e Annamaria Grovino, giornalista de Il Secolo d’Italia.

Cucina romana, grande frequentazione di turisti ma anche un po’ una base accogliente e “rispettabile” per Iannone sfruttata per  incontri e colloqui. L’idea di rilevare il locale nasce insieme a Pierre Simoneau, francese, militante di estrema destra,  e da singolo  ristorante ora Angelino dal 1899 è diventata una vera e propria catena con 4 sedi, una addirittura in  Perù, a Lima.

E la Francia è un po’ la chiave per l’accesso a questo mondo per Casapound.

I rapporti coi camerati d’oltralpe si infittiscono e da rapporti politici diventano presto anche  commerciali.

L’ambiente neofascista francese che stabilisce questa alleanza imprenditoriale con Casapound è quella che esce dall’esperienza del Gud e che poi è passata al Front National della Le Pen.

Un legame così solido che a Roma sbarca un importante marchio francese della ristorazione, “Le Carrè francaise”: con due locali,  uno nell’elegante e centrale quartiere  Prati e l’altro a Monti.

Cucina francese, ostriche, cibi pregiati ma soprattutto un fatturato di più di mezzo milione di euro.

Proprietari di  “Le Carrè Monti” troviamo Chiara Del Fiacco, attivissima dentro Casapound, e uno degli avvocati dell’organizzazione Domenico di Tullio. In questo affare a metà tra la Francia e l’Italia entrano una serie di personaggi, come detto,  legati al Front National: Hildaz Mahe, e Sebastien de Boeldieu.

Un ambiente- quello del partito della Le Pen- che in Francia ha goduto dell’interesse e dei finanziamenti anche da parte della Russia che ha foraggiato varie organizzazione sovraniste e di estrema destra in mezza Europa.

De Boeldieu poi non è un personaggio di poco rilievo: è la persona che ha gestito  le ultime campagne elettorali della La Pen e che ha intessuto un’alleanza con ambienti vicinissimi a Bashar al Assad in Siria con una società chiamata Riwal.

Società anche questa sbarcata nel nostro paese- con la denominazione Riwal Italia- e che ha trovato sede in uno splendido e lussuoso palazzo del centro della capitale. Ma gli interessi di questo personaggio non finiscono qui: se la comunicazione politica è il suo mestiere perchè non praticarlo anche in Italia? A questo serve “Squadra Digitale”, società di comunicazione che la sede l’ha trovata in un luogo simbolico per il post fascismo italiano: via della Scrofa, siamo sempre a Roma, dove ha la sua sede la Fondazione  Alleanza Nazionale e la redazione de Il Secolo d’Italia.

 

Stile, affari e Casapound 

 

Insieme alla ristorazione- versione casareccia e versione “nouvelle cuisine”- troviamo però anche la moda.

Casapound ha una vera e propria ossessione per lo “stile” tanto da farne  un elemento importante che la differenzia dagli altri gruppi neofascisti oltre  ad essere una fonte di investimento e quindi di finanziamento per tutta la macchina organizzativa.

Dietro a Pivert, il nome scelto per la linea di abbigliamento, troviamo un altro dei personaggi più noti di Casapound, Francesco Polacchi.

Pivert vuole vestire “l’uomo che si sporca le mani ma non sopporta la massa, gli standard e le cose di tutti per tutti. L’uomo Pivert combatte sul ring o nella vita, non fa differenza”.

E Polacchi per combattere ha combattuto:  magari con una spranga tra le mani alla guida di un manipolo di suoi camerati del Blocco Studentesco come nel 2008  in piazza Navona. Una giornata di scontri tra l’organizzazione giovanile  di Casapound, il Blocco, e il movimento studentesco di allora. Tante le foto e i filmati che testimoniano il suo ruolo negli scontri. Un ruolo che viene riconosciuto anche nei processi che seguono quella giornata: Polacchi, che era il responsabile nazionale di Blocco studentesco a quel tempo, viene condannato infatti  ad  un anno e 4 mesi.

Il marchio Pivert però  circola e ha successo: i negozi aperti ora sono diventati 14 e la casa madre è sempre a Roma, non lontano dalla sede di Casapound. E il marchio riesce a farsi pubblicità anche con testimonial importanti: Matteo Salvini, ad esempio, che sfoggia un giubbino  Pivert per uno dei suoi innumerevoli selfie.

Ma  la moda per Casapound non è una novità: c’era già stata un’altra avventura in questo settore  con un’altra catena di negozi, prima di Pivert: ad aprire questa strada, con i “Badabinding Shop”, ancora Chiara Del Fiacco.

E assieme all’abbigliamento ora  ci sono anche le scarpe con un altra linea di prodotti, Stolen.

Libro, moschetto e fake news

Per un gruppo che punta all’egemonia nella propria area l’editoria e la comunicazione sono fondamentali e anche Casapound non sfugge a questa regola. Anche se l’organizzazione è più orientata all’azione e all’ imprenditoria- come queste vicende testimoniano- piuttosto che alla produzione teorica.

Ma una casa editrice ci vuole e Altaforte risponde a questa esigenza.

I nomi si rincorrono e i protagonisti sono sempre quelli: anche qui a fare da proprietario c’è ancora Francesco Polacchi che nelle interviste cerca di sostenere l’insostenibile, cioè l’estraneità di Altaforte al circuito dell’organizzazione politica.

“Io sono un editore- dice Polacchi- ma prima un militante di Casapound e non mi vergogno di questo”.

A gestire la casa editrice non è da solo: ad aiutarlo l’ex vicepresidente di Casapound Andrea Antonini protagonista dell’assalto alla redazione del programma “Chi l’ha visto?”- colpevole di avere trasmesso alcuni  video degli scontri di piazza Navona- negli studi della Rai,   assalto che Casapound definì “passeggiata futurista”.

La missione di Altaforte è quella tipica dell’editoria di ultradestra e sovranista, “dare spazio al pensiero non omologato”.

In catalogo troviamo “La dottrina del fascismo” di Mussolini e Gentile- a proposito di fascismo del terzo millennio- come “Diario di uno squadrista toscano” ma anche “Nascosti tra le foglie” di Franco Nerozzi, veronese, titolare della onlus Popoli, oppure “Ho difeso Licio Gelli” dell’avvocato Augusto Sinagra.

E troviamo anche le graphic novel su Sergio Ramelli e quella su Marta Cossetto, “Foiba rossa”, entrambi distribuiti  dal consigliere comunale veronese  di estrema destra Andrea Bacciga  nelle scuole cittadine.

Ma troviamo anche “Io sono Matteo Salvini”, libro intervista e ritratto del leader leghista curato dalla giornalista Chiara Giannini.

Un libro che è poi all’origine  della vicenda Altaforte-Salone del libro di Torino.

La casa editrice di Casapound era stata prima invitata, poi esclusa da quella che è la principale manifestazione dell’editoria del nostro paese. La rescissione del contratto tra Altaforte e il Salone era stata chiesta anche dal Comune di Torino e da altri soggetti istituzionali, ma ne era nata una polemica sui giornali e anche una causa giudiziaria, peraltro ancora in corso, con la richiesta di Altaforte, rappresentata dall’avvocato ex senatore di Forza Italia Paniz,  di 200 mila euro di risarcimento.

Ma la presenza editoriale di Casapound non si ferma alla casa editrice Altaforte: c’è spazio anche per un quotidiano online, che si definisce “sovranista”, Il Primato Nazionale, che esce anche nelle edicole come mensile.

La proprietà della testata è della società Sca 2080 e dietro questa sigla troviamo per l’ennesima volta Francesco Polacchi insieme stavolta al fratello Mauro.

Sca 2080 è legata, attraverso compartecipazioni, alla holding Minerva che ha svariate connessioni: tra le tante una società denominata Eized che fa capo a Lorenza Lei, la prima direttrice generale donna della Rai.

Primato Nazionale, nella versione mensile, ha una tiratura dichiarata di 20 mila copie, il suo direttore è Adriano Scianca, già responsabile nazionale per la cultura di Casapound.

Molte le firme di personaggi affermati: Vittorio Sgarbi, Alessandro Meluzzi, Diego Fusaro, il giornalista della Verità Francesco Borgonovo e il giornalista sportivo di Mediaset Paolo Bargiggia.

E moltissimi gli infortuni del mensile e quotidiano online sovranista, più volte accusato di diffondere notizie false o infondate.

Primato Nazionale attribuì infatti  a Carola Rackete una frase che la comandante della Sea Watch e attivista umanitaria non aveva mai pronunciato: “Berlino ci ordinò di portare i migranti in Italia”.

Una autentica fake news come la creazione in un laboratorio cinese del Covid 19, altro falso che ogni tanto torna nel dibattito pubblico italiano.

L’ultima comparsa in senato, grazie a Matteo Salvini. Ma tra i primi a diffonderla troviamo proprio l’organo di stampa di Casapound.

 

Casa Pound tra ipocrisia e criminalità organizzata

 21 dicembre 2020

 

I militanti di Casa Pound stanno pattugliando il quartiere di Veronetta, dove già da tempo hanno aperto una sede, (“Il Mastino”), ubicata in via Nicola Mazza.

Si tratta di vere e proprie ronde, spesso contraddistinte dalla presenza del “vessillo italico”, che comportano talvolta comportamenti intimidatori e violenti.

Il loro intento, dicono, è quello di riportare ordine e sicurezza in un rione che è pericoloso per l’alto tasso di migranti che vi risiedono.

Definizioni che non rispondono al vero e pratiche che sono apertamente illegali.

Le loro ronde non apportano alcun giovamento agli eventuali problemi riguardanti la sicurezza ma, al contrario, ne aggiungono altri.

Potremmo chiudere così la vicenda, in modo lapidario e senza molte parole in più.

Ma quello che vorremmo evidenziare con questo articolo è l’ipocrisia di un movimento politico che in realtà nasconde, dietro un velo di retorica, ben altre vicende, in aperto contrasto con le affermazioni e le finalità che prova, nonostante tutto, a veicolare ad un’opinione pubblica disillusa e distratta.

Il fatto è che Casa Pound ha documentati intrecci con il clan mafioso degli Spada, a Ostia, e stretti legami con un boss camorrista dedito al traffico internazionale di droga o con organizzazioni impegnate nel reclutamento e nell’addestramento di mercenari e in tentativi di colpo di stato in paesi stranieri.

In fondo potremmo dire che non c’è nulla di nuovo in vista, perché i movimenti fascisti, da sempre, sono stati protagonisti di traffici e trame eversivi.

Casa Pound e il clan mafioso degli Spada.

 

Lo scenario inquietante che fa da sfondo a questa vicenda è quello di Roma e del suo litorale.

Il primo contatto evidente tra Casa Pound tra la famiglia Spada, (a detta degli inquirenti dedita all’usura, all’estorsione e al traffico di stupefacenti), risale all’8 dicembre del 2015, quando ad Ostia Nuova, (“territorio di famiglia”), e precisamente in Piazza Gasparri, Casa Pound organizzò la festa “Giovinezza in Piazza”. La motivazione ideale era quella di riqualificare il quartiere, liberandolo proprio dalla criminalità e dallo spaccio, ma l’iniziativa, come denunciarono al tempo i givani del Partito democratico in una nota, era organizzata in collaborazione con Famus Boxe, palestra di proprietà proprio della famiglia Spada e messa sotto sequestro per occupazione abusiva. Ad esaltare la buona riuscita della festa era Luca Marsella, all’epoca a capo del movimento per il litorale romano, e indagato, nel luglio 2019, per violenza privata aggravata dai futili motivi, proprio in merito alle ronde che i neofascisti conducevano nelle spiagge della costa romana. L’ennesimo ribaltamento della realtà, quindi, pratica alla quale le forze dell’estrema destra attingono da tempo, mostrandosi, ma solo apparentemente, paladini  della legalità, della giustizia, della sicurezza e della tutela dei cittadini. Se a compiere reati sono i forti detentori del potere malavitoso non esitano ad assoggettarsi ad essi; se invece sono i migranti senza voce che cercano di sopravvivere vendendo le loro merci sulle spiagge la violenza e l’arroganza rappresentano la quoridianità.

A dire il vero quell’iniziativa di piazza non è stato il primo abboccamento tra i “fascisti del terzo millennio”, (come amano definirsi), e la famiglia Spada.

Se infatti facciamo qualche passo indietro nel tempo scopriamo che, nel 2012, l’allora leader locale del movimento, Ferdinando Colloca, fece una società con il genero di Armando Spada, esponente di spicco del clan. Con la complicità dell’ex capo dell’ufficio tecnico del X Municipio di Roma tolsero al legittimo proprietario uno stabilimento balneare impossessandosene.

Colloca per questo motivo è stato condannato in primo grado per corruzione aggravata dal metodo mafioso, mentre Federica Angeli, cronista di Repubblica, per aver scritto della vicenda è per avere assistito ad una sparatoria che coinvolse due degli Spada, è costretta da diversi anni a vivere sotto scorta.

Nell’aprile del 2016, nell’ambito dell’inchiesta Sub Urbe dieci appartenenti alla famiglia Spada vennero arrestati. Il Gip di Roma Anna Maria Fattori scriveva che il clan si è fatto largo sul litorale tra minacce, tradimenti, “stanze delle torture” e pestaggi, “sostituendo il potere già detenuto dalla famiglia Fasciani con la quale era alleata e “prendendo possesso delle case popolari di gran parte di Ostia Ponente”.

Anche quest’ultima circostanza segnalata dal magistrato, se confrontata con il pogrom che nel 2019 i militanti di Casa Pound hanno scatenato, con violenze e intimidazioni inaudite a Casal Bruciato, rione della periferia romana, al fine di impedire l’ingresso di una famiglia rom in una casa popolare regolarmente assegnata, restituisce un’immagine estremamente ipocrita e vigliacca del movimento neofascista.

Nemmeno gli arresti e le incriminazioni servono, in ogni caso, ad interrompere Il sodalizio tra il clan Spada e Casa Pound, che si concretizza in modo ancor più forte nelle elezioni amministrative del 5 novembre del 2017. Roberto Spada, sul suo profilo facebook scrive:

” qua sto periodo se vedono tutti sti politici a raccontarci barzellette ,mai visti prima, e dopo le votazioni risparirranno a guardarsi i cazzi propri….gli unici sempre presenti sempre esclusivamente Casapound”……..e questa la realtà ho molti errano? Cosa hanno fatto le altre forze politiche in questi due anni?”

Il candidato di Casa Pound Luca Marsella assieme al mafioso Roberto Spada

 Solamente due giorni dopo, il 7 novembre, Roberto Spada reagirà violentemente ai giornalisti della trasmissione Rai “Nemo” e per questa reazione violenta verrà  condannato in Corte di Cassazione a sei anni di reclusione per lesioni aggravate dal metodo mafioso.

 

Casa Pound e il boss della camorra

 

Ma quello con il clan mafioso degli Spada non è certo l’unico connubio che i “fascisti del terzo millennio” intrattengono con la criminalità organizzata. Andrea Antonini, ad esempio, vicepresidente di Casa Pound Italia e attualmente indagato anche  per aver aggredito alcuni giornalisti, nell’aprile del 2016 è stato condannato a due anni di reclusione per aver fornito un documento d’identità falso ad un boss della camorra dedito al narcotraffico internazionale. Lo stesso Antonini, nel 2011 era stato gambizzato in circostanze mai chiarite. Le due vicende sono forse correlate tra loro? Antonini dichiarò che a sparargli in pieno giorno mentre, a bordo del suo scooter, percorreva la Via Flaminia a Roma, furono gli estremisti di sinistra, senza però portare alcun indizio rispetto a questa versione. Potrebbe essere stato, invece, un regolamento di conti nell’ambito del mondo della criminalità? Quale legame vi può essere tra Mario Santafede, il camorrista dedito al traffico internazionale di cocaina e il vicepresidente di Casa Pound?

 

L’omicidio Fanella

 

Giovanni Ceniti, nel momento in cui si svolge la vicenda che ci accingiamo a raccontare, non faceva più parte di Casa Pound. Era stato espulso un paio di anni prima non per comportamenti criminali, si affretta a spiegare Gianluca Iannone, per una “certa pigrizia intellettuale” che non si confaceva al ruolo di dirigente della zona di Verbania, in Piemonte, che ricopriva. Lo citiamo comunque perché riteniamo interessante il suo profilo alla luce dell’impegno “solidale” che egli elargì, mentre ancora faceva parte di Casa Pound, nel sostegno alla causa dell’etnia Karen, che analizzeremo nel prossimo paragrafo.

Fanella era il “cassiere” di Gennaro Mokbel, imprenditore legato all’estrema destra e autore della famosa maxi truffa ai danni di  Fastweb e Telecom Sparkle. Pare che l’obiettivo del sequestro e del conseguente omicidio fosse proprio quel “tesoretto”, quantificato in circa 50 milioni di euro, frutto della truffa stessa. Giovanni Ceniti, condannato a 20 anni per l’omicidio avvenuto nel 2014, ha fatto parte, fino al 2012, proprio di Casa Pound, e, in particolare, come responsabile della onlus “La Salamandra” nella zona di Verbania. La sua presenza in Birmania, come d’altra parte in Kosovo, è stata ampiamente documentata.

 

Casa Pound e i rapporti con i terroristi internazionali

 

L’incontro tra la Onlus Popoli e Casa Pound ha aperto la strada della Birmania ai neofascisti.

Popoli è un’associazione, apparentemente filantropica, nata in riva all’Adige per volontà del giornalista Franco Nerozzi che si autodefinisce “un bieco e delirante anticomunista”. Il cronista veronese è uno dei  fautori del comunitarismo, l’ideologia post-fascista che crede nel superamento del conflitto tra fascismo e comunismo in nome di un’alleanza in chiave antiamericana e antisemita. Inoltre è anche  un emulo di Bob Denard, il mito dei mercenari contemporanei.

La Onlus da lui fondata si occupava di sostenere la popolazione dei Karen, che dal 1948 si batte per sottrarsi all’assoggettamento del regime birmano. Negli anni sono stati costruiti, nel territorio della minoranza etnica, un ospedale da campo e due villaggi, “Little Verona” e “L’uomo libero”.

La Onlus di raccordo tra i neofascisti e il giornalista è “La Salamandra”, fondata nel 2009 e della quale, all’epoca dei fatti che vi stamo raccontando, era presidente proprio Pietro Casasanta, l’attivista di Casa Pound condannato assieme ad Antonini per il documento d’identità falso fornito al boss della camorra. Si tratta di una struttura associativa con compiti di protezione civile in Italia e all’estero.

Nel 2010 Nerozzi porta i neofascisti in Birmania, per mostrare loro i villaggi Karen. Nell’occasione entrano nel paese asiatico le figure apicali di Casa Pound, a cominciare dal suo fondatore Gianluca Iannone, (frontman del gruppo nazirock ZetaZeroAlfa), Andrea Antonini e, ovviamente, Pietro Casasanta. Con loro altri camerati dello stesso movimento, tra i quali figurano anche Giovanni Ceniti e Alberto Palladino. Da allora, ma alcune fonti dicono già dal 2008, diversi viaggi in Birmania sono stati affrontati dai militanti di Casa Pound.

Quest’ultimo personaggio non lo abbiamo ancora descritto. Ci apprestiamo a farlo visto che sarà uno dei maggiori “conferenzieri” che, in giro per l’Italia, racconteranno le gesta solidali di Casa Pound nei confronti dei popoli oppressi.

Alberto Palladino, nella notte del 13 novembre 2011 era alla testa di una quindicina di camerati armati di caschi, bastoni e mazze ferrate. L’aggressione a tre attivisti del Partito democratico gli costerà una condanna a due anni in primo grado.

Dopo poco tempo lo ritroviamo però come penna de “Il Giornale” diretto da Sallusti in qualità di “reporter di guerra” nell’occhiello guerra.it.  In quella veste Palladino dispensava elementi propagandistici cari al fascismo del ventennio, esaltando crismi nazionalistici e identitari. Tra gli altri articoli ne spiccano alcuni dal titolo inequivocabile: come: “I Karen tra identità e estinzione” o “Io, legionario cristiano contro il califfato”.

Le parole che il Palladino scriveva erano piene di retorica machista e militarista, come, ad esempio:

“C’è un indole antica sopita negli uomini è l’istinto al combattimento, alla reazione, alla difesa. Una tradizione che ricorre spesso nella storia europea”.

Chiudendo la parentesi di presentazione inerente Alberto Palladino, pensiamo sia utile chiedersi perché il movimento neofascista appronti una galassia di associazioni e onlus, alcune delle quali comunque rintracciabili sul suo stesso portale internet sotto la voce associazioni.

Evidentemente è difficile presentarsi in alcune circostanze, come nel caso del terremoto del centro Italia, dove Casa Pound si è improvvisata Protezione civile con “La Salamandra”, con la faccia violenta e razzista. Forse per questo nasce l’esigenza di trasformarsi, costruirsi una faccia diversa, caritatevole e solidale. In realtà, come testimoniano le violenze dei “legionari caritatevoli”, scavando appena sotto il trucco, si scopre per cio che davvero è.

Riprendendo il filo del racconto riguardante il sodalizio tra “Popoli” e “La Salamandra”, va sottolineato che esso si dipana anche a Verona, arrivando a propagandare il proprio “filantropismo” anche nelle scuole.

La conferenza di Popoli all’Istituto G.Marconi

Dal 12 al 14 gennaio del 2012, all’interno dell’Istituto tecnico G.Marconi, si tenne una tre giorni nella quale la presentazione dell’attività della Onlus Popoli si intervallò con proiezioni di film espressamente solidaristici e umanitari come…”John Rambo”! L’iniziativa, guarda caso, fù voluta dai tre rappresentanti di istituto eletti nelle liste di Blocco Studentesco, (la sezione giovanile di Casa Pound). Ne dava notizia la giornalista Alessandra Vaccari in un articolo su “L’Arena”, che, evidentemente entusiasta dell’iniziativa scrive che“se ai ragazzi vengono spiegate le cose per quello che sono, la loro attenzione resta alta”.

Una frase davvero infelice perché incurante della condanna inflitta proprio al fondatore della Onlus, Franco Nerozzi, (in seguito a patteggiamento e quindi riconoscimento del reato compiuto) per aver violato la legge «chi recluta, finanzia o istruisce persone con lo scopo di combattere in un territorio straniero». L’inchiesta svolta dalla Procura di Verona nel 2001 nacque quasi per caso in seguito al rinvenimento di alcune scritte antisemite sui muri della Sinagoga e della casa del rabbino, ma approdò ben presto a vicende ancora più oscure. Nel computer di Nerozzi vennero trovate fotografie che lo ritraevano assieme a diversi avventurieri nei territori dei Karen, attorniato da mitra, bombe di mortaio e granate. L’evoluzione dell’inchiesta portò alla luce un vero e proprio campo di addestramento per formare mercenari in vista di un colpo di stato alle Isole Comore, commissionato proprio da Bob Denard. All’epoca venne indagato anche Giulio Spiazzi, figlio del colonnello Amos, (implicato in molti deglli intrighi eversivi riconducibili all’estrema destra avvenuti in Italia). Giulio Spiazzi scelse come avvocato difensore proprio Roberto Bussinello, il camerata all’epoca a capo di Forza Nuova e che oggi invece è leader del movimento veronese di Casa Pound.

Le missioni umanitarie di Popoli rappresentarono quindi una copertura per gli addestramenti di mercenari.

Guerriglieri Karen con la bandiera di Casa Pound

In seguito all’inchiesta non vi fù, in ogni caso, alcuna presa di distanza di Casa Pound da Franco Nerozzi e, al contrario, il connubio continuò come nulla fosse accaduto, come dimostra, ad esempio, proprio l’iniziativa che si svolse all’iatituto G.Marconi ben sette anni dopo la condanna.

A ben vedere, viste le vicende che hanno coinvolto le figure apicali di Casa Pound Italia, anche se non vi è nessuna prova del coinvolgimento diretto nell’intrigo birmano, possiamo affermare che il militarismo machista e la mancanza di scrupoli del giornalista veronese era perlomeno condivisa dai “fascisti del terzo millennio”.

I militanti di Casa Pound combattenti nel Donbass

 

Se per quanto riguarda la Birmania sembra non vi siano evidenze di un coinvolgimento militare degli attivisti di Casa Pound nel conflitto tra guerriglieri Karen e truppe governative, parrebbe invece documentata la presenza di combattenti legati al movimento neofascista italiano nel teatro di guerra che vede l’Ucraina contrapposta alla Russia, tra i quali spiccano Alberto Palladino, detto “Zippo”, che abbiamo già incontrato nel paragrafo precedente, e Francesco Saverio Fontana.

Quest’ultimo si è arruolato nella squadraccia nera del battagione ucraino Azov, famoso per essere formato da elementi nazifascisti e protagonista di diversi crimini contro la popolazione civile.

In realtà le posizioni dell’estrema destra nel conflitto tra Russia e Ucraina sembrano confuse; non si è certi, a parte alcuni casi, del chi combatta per chi e se, in cambio dell’aiuto militare, vi sia un corrispettivo in denaro pagato ai combattenti o alle organizzazioni di provenienza, individuabili in Casa Pound e Forza Nuova. Un’analisi sicuramente complicata e che ci farebbe uscire dal tema della criminalità per approdare alla sfera squisitamente politica.

La bandiera di Casa Pound nel campo di addestramento neonazista di Carpathia Sich

…E poteva mancare il candidato massone?….

 

Il Fatto Quotidiano del 31 gennaio 2018 dàva notizia di un candidato a dir poco discutibile per quanto riguardava le elezioni politiche. Si tratta del numero uno in lista per Casa Pound nel Lazio e rispondeva al nome di Augusto Sinagra. Ex magistrato, avvoccato di Licio Gelli e di diversi collonnelli del dittatore argentino Videla. Piduista, con tessera n°2234, della Loggia massonica che, negli anni ’70, tra i suoi iscritti annoverava molti soggetti che cospiravano per fomentare in Italia un golpe fascista di stampo sudamericano. Sinagra precisa che in realtà lui non riuscì mai ad entrare ufficialmente nella loggia del “Venerabile” perché “sequestrarono le liste prima della mia iniziazione”

Nella sua carriera avvocatizia Sinagra, che vanta il titolo di Console onorario della Repubblica Turca di Cipro, ha anche rappresentato proprio il governo turco contro Ocalan in occasione della sua estradizione dall’Italia. Tra i colonnelli difesi da Sinagra figura anche Jorge Antonio Olivera che fù scarcerato clamorosamente nel 2000 dalla Corte d’Appello di Roma in seguito alla presentazione di un certificato poi rivelatosi falso. Olivera era un torturatore accusato di aver reso desaparecida una ragazza francese dopo averla violentata. L’ex magistrato figura anche tra i fondatori di Alleanza Nazionale e con i nazisti Merlino e Signorelli ha fatto parte della “Consulta per la revidione storica”. Il primo, Mario Merlino, dopo aver seguito un addestramento, nel 1968, alle tecniche di infiltrazione in Grecia, all’epoca del regime dei colonnelli ha utilizzato le conoscenze acquisite ai danni dei  gruppi anarchici romani, dopo aver militato nella comitiva neofascista tra i quali spiccava Stefano Dalle Chiaie. Per quanto riguarda Paolo Signorelli egli è noto come intellettuale nazifascista, fondatore e collaboratore di diverse riviste d’area.

L’ex giudice Carlo Palermo ritiene Augusto Sinagra “frequentatore del circolo trapanese di Salvatore Scontrino dove nell’86 i carabinieri scoprirono sei logge massoniche e una superloggia coperta denominata Loggia C punto d’incontro fra massonerie e cupola mafiosa”

Altri frequentatori del circolo erano il principe Alliata di Monreale, coinvolto in diversi episodi della strategia della tensione e Michele Papa, l’agente Z del Sismi che, secondo l’ex giudice Palermo, rappresentava gli interessi di Gheddafi in Italia.

Ecco, ora, quando vedete i palestrati ragazzotti di Casa Pound impegnati a pattugliare le strade per garantire la “sicurezza” dei cittadini (rigorosamente italiani), o leggete articoli nei quali viene esaltata la loro sensibilità nel distribuire qualche pacco di pasta, sapete di quale organizzazione criminale fanno parte, e potete ben capire perché essi non possono risolvere alcun problema, rappresentando in realtà una pericolosità aggiuntiva.

La strage neofascista, i revisionisti e gli ignoranti

2 agosto 2020

Dopo 40 anni dalla strage alla stazione di Bologna, dal passato emergono ancora pezzi di verità.

Il lavoro degli inquirenti della Procura di Bologna, che dal 2018 hanno ricominciato da zero le indagini per rivalutare elementi scartati in altri momenti storici a causa dei depistaggi messi in atto dai servizi segreti controllati da poteri massonici, unitamente alle inchieste giornalistiche della trasmissione “Report” e di Paolo Biondani de “L’Espresso”, hanno portato infatti a nuove rivelazioni.

In particolare, un documento appartenente a Licio Gelli e sequestrato in occasione del suo arresto avvenuto nel 1981 a Ginevra, ha permesso di ripercorrere il flusso di denaro utilizzato per finanziare i terroristi neofascisti, svelando nel contempo inquietanti retroscena sulla vicenda del Banco Ambrosiano di Roberto Calvi.

Allo stato attuale, quindi, la strage di Bologna è l’unica per la quale sono stati individuati, e condannati, gli esecutori materiali, i depistatori dei servizi segreti italiani legati alla Loggia massonica P2 e il finanziatore Licio Gelli. Inoltre, i legami tra quest’ultimo e i servizi segreti italiani e statunitensi sembrano confermare pienamente quella verità storica già da tempo assodata, che indica nella strategia della tensione, di matrice atlantica, i mandanti dei percorsi destabilizzanti che hanno insanguinato l’Italia con la modalità stragista.

Nonostante tutto questo, l’attuale generazione neofascista pare non voler fare i conti con le sue radici, e ancora oggi cerca di confutare la matrice ideologica delle stragi, indicando altre “piste” e rigettando verità storiche e processuali.

A nostro avviso si tratta di un processo mentale contorto che, pure se in diversa forma, è utilizzato anche per quanto attiene al perìodo storico della Repubblica di Salò. Da una parte si rivendica quel passato, mentre dall’altra i neofascisti odierni cercano di cancellare dalla memoria storica le responsabilità degli eccidi nazifascisti e, quando ciò non è possibile, si rifugiano nella loro età anagrafica, ormai distante da fatti e vicende tanto scomodi.

Quest’anno, ad esempio, la pagina facebook de “Il bastione veronese”, associazione culturale di comodo legata a Forza Nuova, annuncia che, in occasione della terribile strage del 2 agosto a Bologna, i neofascisti scenderanno nelle piazze più rappresentative d’Italia per invocare la verità, cercando di rimuovere quindi quella ufficiale.

Anche in questo caso assistiamo, da una parte al rifiuto di ciò che è stato, ma dall’altra ad un legame molto stretto con quegli anni e quegli ambienti, visto che la formazione nazifascista di Forza Nuova è capeggiata da Roberto Fiore, fondatore del gruppo terrorista di estrema destra “Terza Posizione”.

Accanto a questi tentativi ve ne sono altri, più subdoli e quasi ridicoli, che appaiono come frutto di “semplice” ignoranza ma che forse nascondono qualche cosa di più.

Il 2 agosto scorso, ad esempio, sulla pagina facebook di “Lega Nord Cerea”, è stato pubblicato un post che attribuiva la strage di Bologna alle Brigate Rosse. A prima vista potrebbe apparire come uno dei tanti conati di ignoranza ai quali ci hanno abituato gli esponenti della Lega ma, quando, dopo le inevitabili rimostranze per una simile affermazione, il post è stato modificato, abbiamo notato che la volontà di attribuire responsabili alla strage pareva svanita all’improvviso, come se lo scrivere “strage fascista” bruciasse i polpastrelli delle dita sulla tastiera.

Il post pubblicato l’anno scorso sulla pagina Facebook della Lega di Cerea

La memoria è quindi un valore che non è mai assodato una volta e per sempre, e che va rinvigorita anno dopo anno, e sempre più mano a mano che il passato si allontana. Il venire meno a questo impegno può portare a risvolti davvero pericolosi, al revisionismo, al negazionismo e alla decontestualizzazione storica.

Un esposto in Procura contro il camerata Massimo Mariotti

 

L’avvocata Panizzo ha depositato in Procura a Verona un esposto contro Massimo Mariotti, a seguito della pubblicazione da parte di quest’ultimo, il 2 giugno scorso, di un post facebook nel quale affermava che “l’unica Repubblica è quella Sociale”. Il riferimento alla Repubblica di Salò è inequivocabile e per questo Aned Verona (l’associazione degli ex deportati nei campi di sterminio nazisti), Rifondazione Comunista e l’Associazione Infospazio161, che ospita anche il Centro di Documentazione Giorgio Bertani, hanno deciso di presentare l’esposto.

I reati ipotizzati e per i quali si chiede di indagare  sono apologia di fascismo e manifestazione fascista.

Riteniamo che soprattutto chi ricopre incarichi pubblici, lautamente pagati dai cittadini della vituperata Repubblica Italiana, nata dalla lotta antifascista, non possano concedersi affermazioni simili.

Crediamo quindi che Massimo Mariotti, non nuovo ad episodi simili, non dovrebbe concorrere alle prossime elezioni regionali, dove risulta candidato nel listino di Fratelli d’Italia, né mantenere la carica di Presidente della partecipata dal Comune di Verona Serit, né, infine, quella di consigliere del Consorzio Zai, altra partecipata municipale.

Non avendo alcuna illusione sul ravvedimento del camerata Mariotti, abbiamo lanciato, nei primi giorni di giugno, una petizione indirizzata, tra gli altri, al sindaco di Verona e al capogruppo di Fratelli d’Italia in Regione Veneto, chiedendo la rimozione di Massimo Mariotti da tutti gli incarichi.

Nemmeno nei destinatari della petizione abbiamo molta fiducia, anche se ci auguriamo che l’esposto in oggetto possa consigliare una presa di distanza dalle affermazioni di Mariotti e la revoca dei suoi incarichi.

Probabilmente, ce ne rendiamo perfettamente conto, non accadrà nulla di tutto ciò, ma vi invitiamo caldamente a firmare, se non lo avete già fatto, la petizione, e a farla firmare anche ai vostri contatti.

Essa, infatti, speriamo diventi uno strumento per dimostrare la connivenza, che denunciamo da tempo, sempre più stretta tra la cosidetta “destra istituzionale” e la “destra radicale”; più persone prenderanno posizione, a fronte di un silenzio inquietante della “destra istituzionale”, più la sovrapposizione tra le due destre, e l’ipocrisia che ne consegue, sarà visibile.

Anticipandovi che a breve inizieremo una nostra specifica campagna elettorale raccontandovi per filo e per segno fatti e misfatti dei candidati alle prossime elezioni regionali, vi invitiamo a connettervi al link sottostante dove potrete leggere e firmare la petizione. Grazie a tutte e tutti.

https://www.change.org/p/federico-sboarina-urgente-massimo-mariotti-dimissioni-serit-e-ritiro-candidatura-regionali-stop-fascismo

Ennesimo sfregio alla sede dell’Anpi

1 giugno 2020

Ancora una volta la sede Anpi di via Cantarane, (la stessa via dove è situata la sede di casa Pound) è fatta oggetto di sfregi intimidatori. La targa sulla porta di ingresso è stata cancellata con una bomboletta spray e sul muro di cinta è stata disegnato un fascio littorio.

Le mascherine con l’immagine di Mussolini

Logo Materiali d'archivio

8 maggio 2020

 

 

 

Massimo Giorgetti, un “pacificatore” da prendere…a torte in faccia!

25.1.2020     Logo

 

 

La torta nazifascista di Massimo Giorgetti

 

L’altra sera, 23 gennaio, Massimo Giorgetti, vicepresidente della Regione Veneto in quota ad Fratelli d’Italia, era ospite della trasmissione televisiva “Diretta Verona”. Il tema in discussione era la contraddizione evidente nella scelte dell’amministrazione veronese guidata dal sindaco Federico Sboarina. Nella stessa seduta del Consiglio comunale, infatti, è stata conferita la cittadinanza onoraria a Liliana Segre, sopravissuta al campo di sterminio di Auschwitz, e l’intitolazione di una via a Giorgio Almirante.

Volendo riassumere, un riconoscimento ad una vittima e, nel contempo, a chi si è schierato apertamente con i suoi carnefici.

Il vicepresidente del Veneto, nell’occasione si è sperticato nel parlare della necessità di avviare percorsi di “pacificazione nazionale” rispetto a quel perìodo buio della storia ed ha addotto questa motivazione per difendere la doppia scelta della giunta veronese.

Ci chiediamo però se tale percorso include anche l’ostentare simbologie naziste e fasciste, pur se su di una torta. Ci riferiamo ai diversi articoli di giornale che riportano la notizia di una festa di compleanno a sorpresa avvenuta il 23 ottobre 2015 per festeggiare il 56° compleanno di Massimo Giorgetti e alla torta che gli è stata regalata, la cui foto potete vedere in questo articolo.

“A caval donato non si guarda in bocca” dice il proverbio, e forse Giorgetti vorrebbe spiegare così l’accaduto.

Ma evidentemente la torta gli è piaciuta, e gli è piaciuta così tanto da pubblicarne la foto anche sul suo profilo facebook. Ormai il post non è più visibile ma fortunatamente l’”Huffington Post” ci riporta il messaggio che accompagnava l’immagine, e che riportiamo a nostra volta:

 

“Bellissimo e originale quadro di auguri, bollicine e caraffe di Gin tonic e una meravigliosa ed originale torta”.

 

Sicuramente, il goloso “pacificatore nazionale” dovrebbe fare un po’ i conti con sé stesso prima di lanciare crociate all’iinsegna della concordia, ma in fondi siamo sicuri che, se potesse replicare, direbbe che si è trattato solo di una goliardata, proprio con le stesse parole che ha usato spesso il dirigente del partito nazifascista Forza Nuova Luca Castellini ogni volta che viene colto in fallo!

IN TROPPI NASCONDONO LA POLVERE NERA SOTTO IL TAPPETO E NON VI RACCONTANO DI UNIFORMI NAZISTE E BANDIERE DEL TERZO REICH

Venerdì 17 gennaio 2020  Logo

 

Le armi rinvenute durante la perquisizione

Nei giorni scorsi i giornali e le testate online hanno riportato la notizia secondo la quale un agricoltore di 42 anni, Mattia Nicola Cazzanelli, di 42 anni, è stato processato per direttissima per possesso di armi non regolarmente registrate.

Nella sua casa di Lavagno, dove risiede con la madre, è stato infatti ritrovato un vero e proprio arsenale. Oltre alle armi regolarmente detenute ne sono state ritrovate molte altre che l’agricoltore aveva omesso di denunciare. La lista di queste ultime, che vi proponiamo di seguito, fa rabbrividire!

  • 12 chilogrammi di polvere da sparo
  • decine di detonatori a miccia corta
  • diverse matasse di miccia
  • centinaia di armi bianche (coltelli, pugnali, baionette)
  • un revolver artigianale calibro 320 con relative cartucce
  • una pistola lanciarazzi con relativi razzi
  • centinaia di cartucce per pistole di diversi calibri.

L’elenco dettagliato appare su molti dei media locali e quindi, fino a qui, la notizia è stata data correttamente.

Non si trova però traccia delle uniformi naziste, (le stesse che indossavano alcuni corpi delle SS), e nemmeno delle bandiere del Terzo Reich, (una delle quali posta in bella mostra a sventolare nella parte posteriore del giardino di casa), rinvenute durante la stessa perquisizione.

Solo la testata online nextquotidiano.it e il Corriere di Verona riportano la notizia in modo completo. mantre Il TgR Veneto, il Dayly/Verona Network Group, L’Arena e il Veronasera si limitano a dare notizia solamente del rinvenimento del materiale esplodente illegale, quasi sposando la tesi difensiva. L’imputato, infatti, ha negato qualsivoglia matrice politica e ideologica ffermando di essere un comune collezzionista che ha  commesso un errore a non denunciare tutto il materiale di cui era in possesso.

La scelta di non dare conto di tutta la vicenda è quantomeno singolare, per non dire censoria, soprattutto se prendiamo in considerazione il fatto che recentemente, proprio nelle vicinanze di Lavagno, e precisamente a Caldiero, nell’ambito dell’operazione denominata “Ombre nere”, gli inquirenti hanno arrestato una donna di 55 anni in possesso di materiale informativo e propagandistico di stampo nazista, oltre al programma di 23 pagine del Partito nazionalsocialista italiano dei lavoratori del quale faceva parte. Inoltre, udite udite, anche nella sua abitazione, oltre alla bandiera di Forza Nuova, (formazione nazifascista nella quale la donna militava) sono state anche rinvenute altre due bandiere, la prima con la croce celtica e la seconda riconducibile proprio al Terzo Reich!

Non stà certo a noi emettere sentenze, ma possiamo però ipotizzare che il 42enne e la 55enne perlomeno si conoscessero, assodato che almeno l’interesse per le bandiere naziste pare accomunarli.

Chissà, magari erano presenti entrambi alla manifestazione indetta dal Comitato Verona ai Veronesi, che a Caldiero ha inscenato, tempo fa, una manifestazione, (davvero poco partecipata per la verità) contro l’accoglienza ai migranti. Il Comitato suddetto, che si definisce apartitico, pare sia in realtà proprio emanazione di Forza Nuova e del Veneto Front Skinheads e, recentemente, in relazione ai fatti avvenuti nel 2017 a Roncolevà, ha visto una ventina dei suoi militanti indagati per istigazione all’odio razziale.

Se partendo dalle bandiere naziste è possibile quindi ipotizzare alcuni intrecci, ripensando alle uniformi non possiamo dimenticare che un veronese è stato indagato per aver partecipato ad una “rievocazione storica” in salsa nazista sulle colline bolognesi avvenuta il 27 gennaio 2018, proprio nella data dedicata al ricordo delle vittime dei campi di sterminio nazisti. I cinque dementi erano vestiti proprio con uniformi naziste delle SS, complete di gradi e labari, e alcuni di loro erano politicamente vicini proprio a Forza Nuova.

Un intrico di bandiere, uniformi e vessilli che avrebbe dovuto quindi catturare l’attenzione dei giornalisti nostrani, consentendo loro di ripercorrere vicende che potrebbero essere correlate. Invece niente di niente, né correlazioni ma nemmeno la completezza della notizia, quasi che a Verona preoccuparsi di un’innegabile riemergere di sentimenti nostalgici rispetto al fascismo e al nazismo sia ancora un tabù, una cosa da nascondere sotto il tappeto.

Tacere, o ridimensionare questo allarme, non aiuta certo a prenderne le distanze e avvantaggia, a nostro avviso, proprio gli attori che, in alcuni casi, si celano dietro le quinte, proprio come Forza Nuova che, nonostante le evidenze, prova a distanziarsi dai suoi militanti indagati per la costituzione del Partito nazionalsocialista italiano dei lavoratori, oppure come Fortezza Europa, l’assocaizione culturale nata da una scissione interna a Forza Nuova, del quale è sodale anche il consigliere comunale Andrea Bacciga, (ex forzanovista) ed il cui presidente, Emanuele Tesauro, minacciò, a suo tempo, querele  contro chiunque si fosse permesso di definire Fortezza Europa come associazione di stampo neofascista, dimenticando il tatuaggio che porta sul suo stesso avambraccio destro, quell’inequivocabile R.S.I. che esibisce durante i concerti degli Hobbit, un gruppo musicale legato al circuito dell’estrema destra e del quale lui è il front-man.

Vivarelli Curzio

24 maggio 1989

Curzio Vivarelli, veronese, viene arrestato nell’ambito dell’inchiesta bolognese sulle “Ronde pirogene antidemocratiche”. Nei mesi precedenti numerose utilitarie nella città più rossa d’Italia sono state incendiate, con l’obiettivo di distruggere le macchine dei proletari. La banda era capeggiata, secondo gli inquirenti, proprio da Vivarelli, che, secondo gli investigatori, è persona conosciuta per essere stata vicina ad Ordine Nuovo. Gli inquirenti ritengono che dietro gli incendi vi sia in realtà un progetto eversivo di matrice neofascista.

L’attentato sventato alla stazione di Verona

28 febbraio 2020

 

28 marzo 2018

 

29 agosto 1970

DOCUMENTI