2 agosto 2020
Dopo 40 anni dalla strage alla stazione di Bologna, dal passato emergono ancora pezzi di verità.
Il lavoro degli inquirenti della Procura di Bologna, che dal 2018 hanno ricominciato da zero le indagini per rivalutare elementi scartati in altri momenti storici a causa dei depistaggi messi in atto dai servizi segreti controllati da poteri massonici, unitamente alle inchieste giornalistiche della trasmissione “Report” e di Paolo Biondani de “L’Espresso”, hanno portato infatti a nuove rivelazioni.
In particolare, un documento appartenente a Licio Gelli e sequestrato in occasione del suo arresto avvenuto nel 1981 a Ginevra, ha permesso di ripercorrere il flusso di denaro utilizzato per finanziare i terroristi neofascisti, svelando nel contempo inquietanti retroscena sulla vicenda del Banco Ambrosiano di Roberto Calvi.
Allo stato attuale, quindi, la strage di Bologna è l’unica per la quale sono stati individuati, e condannati, gli esecutori materiali, i depistatori dei servizi segreti italiani legati alla Loggia massonica P2 e il finanziatore Licio Gelli. Inoltre, i legami tra quest’ultimo e i servizi segreti italiani e statunitensi sembrano confermare pienamente quella verità storica già da tempo assodata, che indica nella strategia della tensione, di matrice atlantica, i mandanti dei percorsi destabilizzanti che hanno insanguinato l’Italia con la modalità stragista.
Nonostante tutto questo, l’attuale generazione neofascista pare non voler fare i conti con le sue radici, e ancora oggi cerca di confutare la matrice ideologica delle stragi, indicando altre “piste” e rigettando verità storiche e processuali.
A nostro avviso si tratta di un processo mentale contorto che, pure se in diversa forma, è utilizzato anche per quanto attiene al perìodo storico della Repubblica di Salò. Da una parte si rivendica quel passato, mentre dall’altra i neofascisti odierni cercano di cancellare dalla memoria storica le responsabilità degli eccidi nazifascisti e, quando ciò non è possibile, si rifugiano nella loro età anagrafica, ormai distante da fatti e vicende tanto scomodi.
Quest’anno, ad esempio, la pagina facebook de “Il bastione veronese”, associazione culturale di comodo legata a Forza Nuova, annuncia che, in occasione della terribile strage del 2 agosto a Bologna, i neofascisti scenderanno nelle piazze più rappresentative d’Italia per invocare la verità, cercando di rimuovere quindi quella ufficiale.
Anche in questo caso assistiamo, da una parte al rifiuto di ciò che è stato, ma dall’altra ad un legame molto stretto con quegli anni e quegli ambienti, visto che la formazione nazifascista di Forza Nuova è capeggiata da Roberto Fiore, fondatore del gruppo terrorista di estrema destra “Terza Posizione”.
Accanto a questi tentativi ve ne sono altri, più subdoli e quasi ridicoli, che appaiono come frutto di “semplice” ignoranza ma che forse nascondono qualche cosa di più.
Il 2 agosto scorso, ad esempio, sulla pagina facebook di “Lega Nord Cerea”, è stato pubblicato un post che attribuiva la strage di Bologna alle Brigate Rosse. A prima vista potrebbe apparire come uno dei tanti conati di ignoranza ai quali ci hanno abituato gli esponenti della Lega ma, quando, dopo le inevitabili rimostranze per una simile affermazione, il post è stato modificato, abbiamo notato che la volontà di attribuire responsabili alla strage pareva svanita all’improvviso, come se lo scrivere “strage fascista” bruciasse i polpastrelli delle dita sulla tastiera.
La memoria è quindi un valore che non è mai assodato una volta e per sempre, e che va rinvigorita anno dopo anno, e sempre più mano a mano che il passato si allontana. Il venire meno a questo impegno può portare a risvolti davvero pericolosi, al revisionismo, al negazionismo e alla decontestualizzazione storica.