Verona non sarà capitale italiana della cultura. Le lacrime di coccodrillo versate dal sindaco Sboarina

22 novembre 2020

 

Verona non solo non sarà Capitale italiana della Cultura per l’anno 2022, ma si è vista umiliata con l’esclusione anche dalla selezione che ha scelto le dieci finaliste.

Le ragioni per le quali tutto questo è avvenuto sono diverse.

Va detto, innanzitutto, che dal punto di vista del patrimonio monumentale, museale, bibliotecario, storico, Verona avrebbe avuto diversi assi nella manica, vantando ad esempio alcune unicità mondiali, come l’anfiteatro romano all’aperto più grande e importante, o l’essere l’unica città a che può fregiarsi di una tradizione dantesca, ma anche shakespeariana, fino alla diversificazione delle sue mura, che comprendono manufatti di epoca romana, longobarda, scaligera, veneziana e austriaca. La Biblioteca Capitolare è stata a lungo una delle più importanti d’Europa, mentre il Musero di Scienze Naturale racchiude, tra gli altri, pezzi rarissimi che lo contraddistinguono a livello continentale.

Ci fermiamo qui, ma l’elenco delle magnificenze della nostra città potrebbero continuare a lungo, ma, evdentemente, non bastano le vestigia del passato per decretarla capitale della cultura.

L’amministrazione Sboarina ha cercato di fare tutto da sola, senza avvalersi dell’aiuto di esperti e studiosi, senza coinvolgere attivamente le piccole realtà culturali che lavorano quotidianamente sul territorio e affidando il compito di redigere il dossier relativo al bando ad agenzie esterne all’amministrazione stessa.

La visione culturale della giunta comunale, d’altra parte, è stata sempre incentrata sul gigantismo dei grandi eventi, e dei grandi autori, promuovendo spesso il “divertimentificio” e penalizzando le produzioni del territorio, “colpevoli” forse di non avere abbastanza “mercato” e visibilità.

Uno degli esempi più eclatanti di queste pulsioni, (che non esitiamo a definire insane proprio per il danno che arrecano alla cultura veronese), è riscontrabile nella cosidetta “rigenerazione” del quartiere universitario e multietnico di Veronetta, nel quale noi stessi abbiamo aperto la sede. Veronetta è una vera è propria fucina di attività culturali e sociali autorganizzate e autoprodotte. La volontà politica dell’amministrazione è quella di “normalizzare” il quartiere, rendendolo forse più “pulito” e “decoroso”, ma anche asettico e impersonale, azzerando così la sua linfa vitale. Invece di fornire strumenti e servizi al caleidoscopio rappresentato dal rione storico per permetterne la crescita, la giunta, nel gennaio del 2019, ha pensato bene di cancellare d’imperio la programmazione dell’unico teatro esistente nella zona, (da sempre, e per statuto, dedicato al sociale), per consegnarlo allo showmen Adriano Celentano che lo ha trasformato in un set televisivo da dove veicolare sulla rete nazionale Canale 5 la sua ultima produzione, quell’”Adrian”, che di teatrale aveva davvero poco o nulla, e che si è rivelato un incredibile flop, sia dal punto di vista artistico che di audience, al punto da essere clamorosamente interrotto e sepolto.

L’interno del Teatro Camploy

Ma se parliamo di cultura non possiamo fare a meno di accennare alla situazione della Fondazione Arena, l’ente, presieduto da regolamento dal sindaco, che è stato portato sull’orlo del fallimento nonostante le sue produzioni inerenti il Festival lirico areniano siano un eccellenza a livello mondiale. I “bilanci creativi” dell’amministrazione Tosi hanno consegnato la Fondazione nelle mani dei commissari governativi, che hanno decretato, con il plauso di un sindaco che ne avrebbe comunque preferito la privatizzazione, sacrifici immani a carico di artisti e maestranze. Il licenziamento del corpo di ballo, fortemente voluto da Flavio Tosi, rappresenta ancora oggi una grave ferita, non sanata dal successore Federico Sboarina, nonostante le promesse elettorali.

Rispetto al tema della scarsissima attenzione dedicata ai circuiti di settore, da quello cinematografico, a quello teatrale, letterario ecc…, pensiamo sia rilevante la relazione che il regista veronese Alessandro Anderloni ha argomentato durante una seduta della Commissione Cultura. Si tratta di un documento che, nonostante risalga al 2 ottobre 2018, a nostro avviso mantiene inalterato, purtroppo, tutto il suo impianto. Nel file audio originale, che era archiviato nel portale del Comune di Verona, ma che oggi risulta rimosso, si sentiva il consigliere Andrea Bacciga, oggi nominato alla vicepresidenza della stessa Commissione, (nonostante abbia un processo in corso con l’accusa di essersi esibito in aula consiliare in un saluto fascista), abbandonare indispettito l’aula in segno di forte critica verso le parole di Anderloni.

Ci colpisce particolarmente, visto che abbiamo intitolato il Centro di documentazione alla sua persona, la sostanziale indifferenza rispetto alla figura di Giorgio Bertani, l’editore eclettico e ribelle che era stato anche nominato membro onorario della Società Letteraria di Verona. Se non fosse stato per l’interessamento di alcuni attivisti veronesi e per l’impegno di Marc Tibaldi, che hanno anche prodotto un docufilm sulla sua opera e sul contesto nel quale viveva, la sua dedizione al mondo della cultura sarebbe caduto nel dimenticatoio con il beneplacito dell’amministrazione Sboarina.

Visto che il sindaco Sboarina e la sua giunta, nei giorni scorsi, hanno fatto esercizio di vittimismo e indignazione rispetto alla decisione della giuria che ha estromesso Verona dalla gara, buttandola in politica e accusando i giurati di voler favorire le candidature di città governate dal centrosinistra, bocciando invece quelle amministrate dal centrodestra, non possiamo certo esimerci dal seguire il sindaco sullo stesso terreno da lui proposto.

Noi pensiamo che la cultura, quella con la C maiuscola, dovrebbe rappresentare uno strumento di apertura nei confronti delle diverse soggettività che vivono sul territorio, favorendone la crescita, (non solo dal punto di vista economico) e il confronto.

La cultura, a nostro avviso, ha davvero poco a che fare con i muri, fisici o virtuali che siano, tesi a limitare proprio i valori insiti nel concetto più alto di cultura. Non ha a che fare con la propagazione dell’odio, del sospetto, o con il tentativo di ledere i diritti di chi è ritenuto “diverso”, e non ha a che fare nemmeno con la censura.

Insomma, per dirla con le parole di Alessandro Anderloni, la cultura dovrebbe essere inclusiva e non tesa ad escludere!

Ebbene, tutte queste modalità sono invece ben radicate nell’ideologia di gran parte delle destre, sia di quelle appartenenti all’ultradestra, sia in quelle più istituzionali, alle quali il sindaco Sboarina e la sua giunta attingono a piene mani.

Davvero il sindaco pensava di poter censurare come se nulla fosse quei libri che affrontano la tematica omosessuali come espressione di libertà, arrivando persino a ritirare quelli già presenti nelle biblioteche pubbliche e nelle scuole, tenendo così fede a quanto sta scritto nel suo programma elettorale?

Davvero credeva che le ripetute affermazioni e mozioni sessiste e omofobe, o i sistematici patrocinii e finanziamenti concessi ad eventi di carattere discriminatorio e che strizzano l’occhio all’ideologia nazifascista, non avrebbero pesato sulla bilancia delle decisioni?

E l’organizzazione di un Convegno mondiale, quello delle famiglie (esclusivamente “naturali”), tenutosi a Verona nel marzo del 2019, e fortemente voluto dai consiglieri della maggioranza e adagiato in un contesto fortemente antiabortista e sessista, è forse stato un buon viatico per presentare la candidatura o, invece, ha gettato l’ennesima ombra oscurantista sulla nostra città, prima in assoluto ad ospitare quel baraccone demenziale in tutta l’Europa occidentale?

L’imponenete corteo organizzato da Non Una di Meno che ha attraversato le vie di Verona contrapponendosi al Convegno mondiale delle famiglie

Tornando poi sul già nominato Andrea Bacciga, il vicepresidente della Commissione Cultura, non crediamo sia stata considerata con entusiasmo dai giurati l’episodio che lo ha visto protagonista del “dono” di quindici libri inneggianti al nazifascismo recapitato alla Biblioteca Civica.

Sono solamente alcune delle vicende più eclatanti che hanno costruito lo “spessore culturale” della giunta Sboarina, e che hanno mortificato e umiliato la città, troppe volte finita sulle pagine dei giornali nazionali per motivazioni che traspirano ignoranza e non certo cultura. Le colpe non sono attribuibili solamente all’amministrazione vigente, ma sono il risultato di un lunghissimo perìodo nel quale le pulsioni più retrive hanno alimentato una certa politica e da essa sono state restituite come un’onda ad investire ampie fasce di popolazione, mentre altri, anche se non imbevuti dall’aquitrino formatosi, per troppo tempo si sono limitati a minimizzare crogiolandosi nella loro inconsapevolezza.

Il fatto è che Verona, per ambire a diventare Capitale della Cultura, dovrebbe avere ben altri amministratori. Non possiamo che essere rammaricati per l’esclusione di Verona dalla possibilità di competere per quell’importante titolo ma, nello stesso tempo, avremmo considerato il contrario come un segnale davvero pericoloso, in quanto avrebbe costituito l’ennesimo sdoganamento dell’ignoranza che si atteggia a cultura!