14 febbraio 2020
Nel presentarvi questi materiali, che fanno parte della rassegna “Percorsi nella memoria”, e che sono inerenti la censura dell’amministrazione del Comune di Verona nei confronti della sezione locale dell’Associazione Nazionale Partigiani d’Italia in merito ad una conferenza sulle foibe avvenuta l’anno scorso e ritenuta “inaccettabile” dal sindaco Federico Sboarina, non possiamo esimerci dal collegare quelle minacce con quelle che, proprio in questi giorni, hanno nuovamente messo nel mirino l’Anpi su tutto il territorio nazionale.
Alle intimidazioni dell’anno scorso, accompagnate dalle accuse di “giustificazionismo”, rivolte all’associazione dalla carica istituzionale cittadina più alta, seguono quest’anno i manifesti incollati sul muro della sede di via Cantarane, firmate dagli autodefinitosi “fascisti del terzo millennio” di Casa Pound che si spingono oltre, affibbiando all’Anpi addirittura l’etichetta di “negazionisti”.
Ci appare evidente come esista una correlazione tra le due vicende, e come la destra istituzionale, in questo caso, abbia consentito lo sdoganamento alle intimidazioni dell’estrema destra. Il compito che ci siamo prefissati come Centro di Documentazione è proprio quello di evidenziare relazioni e collegamenti tra vicende che rischiano altrimenti, nell’apatia generale, di scivolare nel dimenticatoio come fatti a sé stanti, ognuno indipendente l’uno dall’altro.
Tornando alle accuse rivolte all’Anpi desideriamo inoltre provare, nel nostro piccolo, a contribuire a chiarire alcuni concetti che possono avere un carattere generale per poi essere proprio applicati alla tragicità dei fatti legati alle foibe.
Si parla, molto spesso a sproposito, di “memoria condivisa”, scordando che le memorie sono sovente contrapposte, perché molte volte i protagonisti hanno vissuto in campi contrapposti. La “memoria condivisa” è quindi possibile solamente se ci si affida alla Storia, quella con la S maiuscola e non manipolata dalla politica, che avrebbe proprio il compito di assemblare le diverse memorie, stilando un percorso che tenga conto quindi di tutti i punti di vista, mettendoli in relazione tra loro e cristallizzandoli in un racconto supportato da documentazioni inoppugnabili.
Se accettiamo questo paradigma e proviamo ad adattarlo alle vicende inerenti le fobie, non possiamo fare a meno di considerare gli antefatti, e quindi il punto di vista, o se preferite le memorie delle popolazioni istriane che hanno subito le discriminazioni nei primi anni del regime fascista, per poi vedere, successivamente, il proprio territorio devastato dagli occupanti nazifascisti con tutti gli orrori conseguenti e che hanno portato alla morte di 300.000 persone, una parte delle quali è stata bruciata nel forno crematorio della Risiera di San Sabba, un campo di sterminio ubicato in territorio italiano.
Noi pensiamo che negazionista sia chi, per ragioni politiche legate alla volontà di attuare un revisionismo storico di ciò che rappresentò il fascismo per riabilitare una cultura nazionalista, tralasci, o meglio, censuri, anche questi ultimi punti di vista.
Chiaramente l’unire tutti i “puntini” non serve a giustificare, come crede il sindaco di Verona, perché nessun massacro che sia indirizzato anche verso vittime innocenti, (ed è inconfutabile che nelle foibe vi finirono anche questa tipologia di persone) non può mai essere giustificato, pena il cadere nello stesso errore di manipolazione della storia, ma aiuta sicuramente a comprendere.
Un’altra bandiera sventolata dagli assertori di chi considera solo il punto di vista degli italiani infoibati e quello della “storia negata”, come se essa fosse un complotto delle sinistre che avrebbero nascosto la vicenda delle foibe. In realtà, se occultamento c’è stato, non ha riguardato solamente questi fatti, e per provarlo basterebbe accennare al famoso armadio della vergogna, quello rivolto con le ante al muro e che conteneva i faldoni riguardanti centinaia di stragi perpetrati sul suolo italiano, dopo l’8 settembre del 1943, dalle SS naziste e dai repubblichini fascisti. Per decine di anni quell’armadio non fu aperto e quando, finalmente, si decise che era tempo di farlo, molti dei responsabili degli eccidi erano ormai morti o si erano messi in salvo nell’anonimato garantito da paesi lontani.
Le ragioni di tali occultamenti, come quelle che hanno spinto, dopo il secondo conflitto generalizzato, ad un’amnistia generalizzata nei confronti dei fascisti, complicando non poco la possibilità del popolo italiano di fare i conti con il proprio passato, non sono riconducibili alla sinistra quanto ai nuovi assetti geopolitici scaturiti dal secondo conflitto mondiale, che hanno immediatamente trasformato gli alleati sovietici in pericolosi nemici, e dovendo recuperare il più in fretta possibile l’alleanza delle popolazioni, italiane e tedesche in primo luogo visto che avrebbero dovuto rappresentare i nuovi guardiani dei confini della nuova guerra fredda, anche a costo di nascondere sotto il tappeto la polvere.
Di fronte a questi scenari epocali le rivendicazioni del sindaco Federico Sboarina o i manifesti di Casa Pound sono ben poca cosa, ma la relazione tra la destra istituzionale e l’ultra destra, e il riconoscimento reciproco che ne scaturisce e che rafforza sentimenti nazionalisti anche attraverso ricostruzioni storiche avulse dai loro contesti storici, e che non riguardano ovviamente solo la nostra città, sono pericolosi campanelli d’allarme che non dovremmo sottovalutare e che siamo chiamati a smontare, pezzo per pezzo, come abbiamo cercato di fare in questo articolo.
Chiudendo questa sezione della rassegna “Percorsi nella memoria”, davvero particolare per i suoi contenuti che forse poco hanno a che fare con il racconto dei fatti veronesi ma più con valutazioni di carattere più ampio, vi invitiamo a visionare i comunicati stampa e la rassegna stampa che ci riportano esattamente ad un anno fa, ma prima di lasciarvi alla lettura permetteteci di esprimere la nostra solidarietà all’Associazione Nazionale Partigiani d’Italia. Il 18 febbraio pubblicheremo i materiali inerenti alla seconda parte di questa storia di censura, inerente ancora l’amministrazione comunale di Verona e la negazione della sale pubbliche ad una storica che, guarda caso, avrebbe dovuto parlare proprio di foibe.
APPROFONDIMENTI E MATERIALI ARCHIVIATI NELLA SEZIONE FOIBE