Casa Pound tra ipocrisia e criminalità organizzata

 21 dicembre 2020

 

I militanti di Casa Pound stanno pattugliando il quartiere di Veronetta, dove già da tempo hanno aperto una sede, (“Il Mastino”), ubicata in via Nicola Mazza.

Si tratta di vere e proprie ronde, spesso contraddistinte dalla presenza del “vessillo italico”, che comportano talvolta comportamenti intimidatori e violenti.

Il loro intento, dicono, è quello di riportare ordine e sicurezza in un rione che è pericoloso per l’alto tasso di migranti che vi risiedono.

Definizioni che non rispondono al vero e pratiche che sono apertamente illegali.

Le loro ronde non apportano alcun giovamento agli eventuali problemi riguardanti la sicurezza ma, al contrario, ne aggiungono altri.

Potremmo chiudere così la vicenda, in modo lapidario e senza molte parole in più.

Ma quello che vorremmo evidenziare con questo articolo è l’ipocrisia di un movimento politico che in realtà nasconde, dietro un velo di retorica, ben altre vicende, in aperto contrasto con le affermazioni e le finalità che prova, nonostante tutto, a veicolare ad un’opinione pubblica disillusa e distratta.

Il fatto è che Casa Pound ha documentati intrecci con il clan mafioso degli Spada, a Ostia, e stretti legami con un boss camorrista dedito al traffico internazionale di droga o con organizzazioni impegnate nel reclutamento e nell’addestramento di mercenari e in tentativi di colpo di stato in paesi stranieri.

In fondo potremmo dire che non c’è nulla di nuovo in vista, perché i movimenti fascisti, da sempre, sono stati protagonisti di traffici e trame eversivi.

Casa Pound e il clan mafioso degli Spada.

 

Lo scenario inquietante che fa da sfondo a questa vicenda è quello di Roma e del suo litorale.

Il primo contatto evidente tra Casa Pound tra la famiglia Spada, (a detta degli inquirenti dedita all’usura, all’estorsione e al traffico di stupefacenti), risale all’8 dicembre del 2015, quando ad Ostia Nuova, (“territorio di famiglia”), e precisamente in Piazza Gasparri, Casa Pound organizzò la festa “Giovinezza in Piazza”. La motivazione ideale era quella di riqualificare il quartiere, liberandolo proprio dalla criminalità e dallo spaccio, ma l’iniziativa, come denunciarono al tempo i givani del Partito democratico in una nota, era organizzata in collaborazione con Famus Boxe, palestra di proprietà proprio della famiglia Spada e messa sotto sequestro per occupazione abusiva. Ad esaltare la buona riuscita della festa era Luca Marsella, all’epoca a capo del movimento per il litorale romano, e indagato, nel luglio 2019, per violenza privata aggravata dai futili motivi, proprio in merito alle ronde che i neofascisti conducevano nelle spiagge della costa romana. L’ennesimo ribaltamento della realtà, quindi, pratica alla quale le forze dell’estrema destra attingono da tempo, mostrandosi, ma solo apparentemente, paladini  della legalità, della giustizia, della sicurezza e della tutela dei cittadini. Se a compiere reati sono i forti detentori del potere malavitoso non esitano ad assoggettarsi ad essi; se invece sono i migranti senza voce che cercano di sopravvivere vendendo le loro merci sulle spiagge la violenza e l’arroganza rappresentano la quoridianità.

A dire il vero quell’iniziativa di piazza non è stato il primo abboccamento tra i “fascisti del terzo millennio”, (come amano definirsi), e la famiglia Spada.

Se infatti facciamo qualche passo indietro nel tempo scopriamo che, nel 2012, l’allora leader locale del movimento, Ferdinando Colloca, fece una società con il genero di Armando Spada, esponente di spicco del clan. Con la complicità dell’ex capo dell’ufficio tecnico del X Municipio di Roma tolsero al legittimo proprietario uno stabilimento balneare impossessandosene.

Colloca per questo motivo è stato condannato in primo grado per corruzione aggravata dal metodo mafioso, mentre Federica Angeli, cronista di Repubblica, per aver scritto della vicenda è per avere assistito ad una sparatoria che coinvolse due degli Spada, è costretta da diversi anni a vivere sotto scorta.

Nell’aprile del 2016, nell’ambito dell’inchiesta Sub Urbe dieci appartenenti alla famiglia Spada vennero arrestati. Il Gip di Roma Anna Maria Fattori scriveva che il clan si è fatto largo sul litorale tra minacce, tradimenti, “stanze delle torture” e pestaggi, “sostituendo il potere già detenuto dalla famiglia Fasciani con la quale era alleata e “prendendo possesso delle case popolari di gran parte di Ostia Ponente”.

Anche quest’ultima circostanza segnalata dal magistrato, se confrontata con il pogrom che nel 2019 i militanti di Casa Pound hanno scatenato, con violenze e intimidazioni inaudite a Casal Bruciato, rione della periferia romana, al fine di impedire l’ingresso di una famiglia rom in una casa popolare regolarmente assegnata, restituisce un’immagine estremamente ipocrita e vigliacca del movimento neofascista.

Nemmeno gli arresti e le incriminazioni servono, in ogni caso, ad interrompere Il sodalizio tra il clan Spada e Casa Pound, che si concretizza in modo ancor più forte nelle elezioni amministrative del 5 novembre del 2017. Roberto Spada, sul suo profilo facebook scrive:

” qua sto periodo se vedono tutti sti politici a raccontarci barzellette ,mai visti prima, e dopo le votazioni risparirranno a guardarsi i cazzi propri….gli unici sempre presenti sempre esclusivamente Casapound”……..e questa la realtà ho molti errano? Cosa hanno fatto le altre forze politiche in questi due anni?”

Il candidato di Casa Pound Luca Marsella assieme al mafioso Roberto Spada

 Solamente due giorni dopo, il 7 novembre, Roberto Spada reagirà violentemente ai giornalisti della trasmissione Rai “Nemo” e per questa reazione violenta verrà  condannato in Corte di Cassazione a sei anni di reclusione per lesioni aggravate dal metodo mafioso.

 

Casa Pound e il boss della camorra

 

Ma quello con il clan mafioso degli Spada non è certo l’unico connubio che i “fascisti del terzo millennio” intrattengono con la criminalità organizzata. Andrea Antonini, ad esempio, vicepresidente di Casa Pound Italia e attualmente indagato anche  per aver aggredito alcuni giornalisti, nell’aprile del 2016 è stato condannato a due anni di reclusione per aver fornito un documento d’identità falso ad un boss della camorra dedito al narcotraffico internazionale. Lo stesso Antonini, nel 2011 era stato gambizzato in circostanze mai chiarite. Le due vicende sono forse correlate tra loro? Antonini dichiarò che a sparargli in pieno giorno mentre, a bordo del suo scooter, percorreva la Via Flaminia a Roma, furono gli estremisti di sinistra, senza però portare alcun indizio rispetto a questa versione. Potrebbe essere stato, invece, un regolamento di conti nell’ambito del mondo della criminalità? Quale legame vi può essere tra Mario Santafede, il camorrista dedito al traffico internazionale di cocaina e il vicepresidente di Casa Pound?

 

L’omicidio Fanella

 

Giovanni Ceniti, nel momento in cui si svolge la vicenda che ci accingiamo a raccontare, non faceva più parte di Casa Pound. Era stato espulso un paio di anni prima non per comportamenti criminali, si affretta a spiegare Gianluca Iannone, per una “certa pigrizia intellettuale” che non si confaceva al ruolo di dirigente della zona di Verbania, in Piemonte, che ricopriva. Lo citiamo comunque perché riteniamo interessante il suo profilo alla luce dell’impegno “solidale” che egli elargì, mentre ancora faceva parte di Casa Pound, nel sostegno alla causa dell’etnia Karen, che analizzeremo nel prossimo paragrafo.

Fanella era il “cassiere” di Gennaro Mokbel, imprenditore legato all’estrema destra e autore della famosa maxi truffa ai danni di  Fastweb e Telecom Sparkle. Pare che l’obiettivo del sequestro e del conseguente omicidio fosse proprio quel “tesoretto”, quantificato in circa 50 milioni di euro, frutto della truffa stessa. Giovanni Ceniti, condannato a 20 anni per l’omicidio avvenuto nel 2014, ha fatto parte, fino al 2012, proprio di Casa Pound, e, in particolare, come responsabile della onlus “La Salamandra” nella zona di Verbania. La sua presenza in Birmania, come d’altra parte in Kosovo, è stata ampiamente documentata.

 

Casa Pound e i rapporti con i terroristi internazionali

 

L’incontro tra la Onlus Popoli e Casa Pound ha aperto la strada della Birmania ai neofascisti.

Popoli è un’associazione, apparentemente filantropica, nata in riva all’Adige per volontà del giornalista Franco Nerozzi che si autodefinisce “un bieco e delirante anticomunista”. Il cronista veronese è uno dei  fautori del comunitarismo, l’ideologia post-fascista che crede nel superamento del conflitto tra fascismo e comunismo in nome di un’alleanza in chiave antiamericana e antisemita. Inoltre è anche  un emulo di Bob Denard, il mito dei mercenari contemporanei.

La Onlus da lui fondata si occupava di sostenere la popolazione dei Karen, che dal 1948 si batte per sottrarsi all’assoggettamento del regime birmano. Negli anni sono stati costruiti, nel territorio della minoranza etnica, un ospedale da campo e due villaggi, “Little Verona” e “L’uomo libero”.

La Onlus di raccordo tra i neofascisti e il giornalista è “La Salamandra”, fondata nel 2009 e della quale, all’epoca dei fatti che vi stamo raccontando, era presidente proprio Pietro Casasanta, l’attivista di Casa Pound condannato assieme ad Antonini per il documento d’identità falso fornito al boss della camorra. Si tratta di una struttura associativa con compiti di protezione civile in Italia e all’estero.

Nel 2010 Nerozzi porta i neofascisti in Birmania, per mostrare loro i villaggi Karen. Nell’occasione entrano nel paese asiatico le figure apicali di Casa Pound, a cominciare dal suo fondatore Gianluca Iannone, (frontman del gruppo nazirock ZetaZeroAlfa), Andrea Antonini e, ovviamente, Pietro Casasanta. Con loro altri camerati dello stesso movimento, tra i quali figurano anche Giovanni Ceniti e Alberto Palladino. Da allora, ma alcune fonti dicono già dal 2008, diversi viaggi in Birmania sono stati affrontati dai militanti di Casa Pound.

Quest’ultimo personaggio non lo abbiamo ancora descritto. Ci apprestiamo a farlo visto che sarà uno dei maggiori “conferenzieri” che, in giro per l’Italia, racconteranno le gesta solidali di Casa Pound nei confronti dei popoli oppressi.

Alberto Palladino, nella notte del 13 novembre 2011 era alla testa di una quindicina di camerati armati di caschi, bastoni e mazze ferrate. L’aggressione a tre attivisti del Partito democratico gli costerà una condanna a due anni in primo grado.

Dopo poco tempo lo ritroviamo però come penna de “Il Giornale” diretto da Sallusti in qualità di “reporter di guerra” nell’occhiello guerra.it.  In quella veste Palladino dispensava elementi propagandistici cari al fascismo del ventennio, esaltando crismi nazionalistici e identitari. Tra gli altri articoli ne spiccano alcuni dal titolo inequivocabile: come: “I Karen tra identità e estinzione” o “Io, legionario cristiano contro il califfato”.

Le parole che il Palladino scriveva erano piene di retorica machista e militarista, come, ad esempio:

“C’è un indole antica sopita negli uomini è l’istinto al combattimento, alla reazione, alla difesa. Una tradizione che ricorre spesso nella storia europea”.

Chiudendo la parentesi di presentazione inerente Alberto Palladino, pensiamo sia utile chiedersi perché il movimento neofascista appronti una galassia di associazioni e onlus, alcune delle quali comunque rintracciabili sul suo stesso portale internet sotto la voce associazioni.

Evidentemente è difficile presentarsi in alcune circostanze, come nel caso del terremoto del centro Italia, dove Casa Pound si è improvvisata Protezione civile con “La Salamandra”, con la faccia violenta e razzista. Forse per questo nasce l’esigenza di trasformarsi, costruirsi una faccia diversa, caritatevole e solidale. In realtà, come testimoniano le violenze dei “legionari caritatevoli”, scavando appena sotto il trucco, si scopre per cio che davvero è.

Riprendendo il filo del racconto riguardante il sodalizio tra “Popoli” e “La Salamandra”, va sottolineato che esso si dipana anche a Verona, arrivando a propagandare il proprio “filantropismo” anche nelle scuole.

La conferenza di Popoli all’Istituto G.Marconi

Dal 12 al 14 gennaio del 2012, all’interno dell’Istituto tecnico G.Marconi, si tenne una tre giorni nella quale la presentazione dell’attività della Onlus Popoli si intervallò con proiezioni di film espressamente solidaristici e umanitari come…”John Rambo”! L’iniziativa, guarda caso, fù voluta dai tre rappresentanti di istituto eletti nelle liste di Blocco Studentesco, (la sezione giovanile di Casa Pound). Ne dava notizia la giornalista Alessandra Vaccari in un articolo su “L’Arena”, che, evidentemente entusiasta dell’iniziativa scrive che“se ai ragazzi vengono spiegate le cose per quello che sono, la loro attenzione resta alta”.

Una frase davvero infelice perché incurante della condanna inflitta proprio al fondatore della Onlus, Franco Nerozzi, (in seguito a patteggiamento e quindi riconoscimento del reato compiuto) per aver violato la legge «chi recluta, finanzia o istruisce persone con lo scopo di combattere in un territorio straniero». L’inchiesta svolta dalla Procura di Verona nel 2001 nacque quasi per caso in seguito al rinvenimento di alcune scritte antisemite sui muri della Sinagoga e della casa del rabbino, ma approdò ben presto a vicende ancora più oscure. Nel computer di Nerozzi vennero trovate fotografie che lo ritraevano assieme a diversi avventurieri nei territori dei Karen, attorniato da mitra, bombe di mortaio e granate. L’evoluzione dell’inchiesta portò alla luce un vero e proprio campo di addestramento per formare mercenari in vista di un colpo di stato alle Isole Comore, commissionato proprio da Bob Denard. All’epoca venne indagato anche Giulio Spiazzi, figlio del colonnello Amos, (implicato in molti deglli intrighi eversivi riconducibili all’estrema destra avvenuti in Italia). Giulio Spiazzi scelse come avvocato difensore proprio Roberto Bussinello, il camerata all’epoca a capo di Forza Nuova e che oggi invece è leader del movimento veronese di Casa Pound.

Le missioni umanitarie di Popoli rappresentarono quindi una copertura per gli addestramenti di mercenari.

Guerriglieri Karen con la bandiera di Casa Pound

In seguito all’inchiesta non vi fù, in ogni caso, alcuna presa di distanza di Casa Pound da Franco Nerozzi e, al contrario, il connubio continuò come nulla fosse accaduto, come dimostra, ad esempio, proprio l’iniziativa che si svolse all’iatituto G.Marconi ben sette anni dopo la condanna.

A ben vedere, viste le vicende che hanno coinvolto le figure apicali di Casa Pound Italia, anche se non vi è nessuna prova del coinvolgimento diretto nell’intrigo birmano, possiamo affermare che il militarismo machista e la mancanza di scrupoli del giornalista veronese era perlomeno condivisa dai “fascisti del terzo millennio”.

I militanti di Casa Pound combattenti nel Donbass

 

Se per quanto riguarda la Birmania sembra non vi siano evidenze di un coinvolgimento militare degli attivisti di Casa Pound nel conflitto tra guerriglieri Karen e truppe governative, parrebbe invece documentata la presenza di combattenti legati al movimento neofascista italiano nel teatro di guerra che vede l’Ucraina contrapposta alla Russia, tra i quali spiccano Alberto Palladino, detto “Zippo”, che abbiamo già incontrato nel paragrafo precedente, e Francesco Saverio Fontana.

Quest’ultimo si è arruolato nella squadraccia nera del battagione ucraino Azov, famoso per essere formato da elementi nazifascisti e protagonista di diversi crimini contro la popolazione civile.

In realtà le posizioni dell’estrema destra nel conflitto tra Russia e Ucraina sembrano confuse; non si è certi, a parte alcuni casi, del chi combatta per chi e se, in cambio dell’aiuto militare, vi sia un corrispettivo in denaro pagato ai combattenti o alle organizzazioni di provenienza, individuabili in Casa Pound e Forza Nuova. Un’analisi sicuramente complicata e che ci farebbe uscire dal tema della criminalità per approdare alla sfera squisitamente politica.

La bandiera di Casa Pound nel campo di addestramento neonazista di Carpathia Sich

…E poteva mancare il candidato massone?….

 

Il Fatto Quotidiano del 31 gennaio 2018 dàva notizia di un candidato a dir poco discutibile per quanto riguardava le elezioni politiche. Si tratta del numero uno in lista per Casa Pound nel Lazio e rispondeva al nome di Augusto Sinagra. Ex magistrato, avvoccato di Licio Gelli e di diversi collonnelli del dittatore argentino Videla. Piduista, con tessera n°2234, della Loggia massonica che, negli anni ’70, tra i suoi iscritti annoverava molti soggetti che cospiravano per fomentare in Italia un golpe fascista di stampo sudamericano. Sinagra precisa che in realtà lui non riuscì mai ad entrare ufficialmente nella loggia del “Venerabile” perché “sequestrarono le liste prima della mia iniziazione”

Nella sua carriera avvocatizia Sinagra, che vanta il titolo di Console onorario della Repubblica Turca di Cipro, ha anche rappresentato proprio il governo turco contro Ocalan in occasione della sua estradizione dall’Italia. Tra i colonnelli difesi da Sinagra figura anche Jorge Antonio Olivera che fù scarcerato clamorosamente nel 2000 dalla Corte d’Appello di Roma in seguito alla presentazione di un certificato poi rivelatosi falso. Olivera era un torturatore accusato di aver reso desaparecida una ragazza francese dopo averla violentata. L’ex magistrato figura anche tra i fondatori di Alleanza Nazionale e con i nazisti Merlino e Signorelli ha fatto parte della “Consulta per la revidione storica”. Il primo, Mario Merlino, dopo aver seguito un addestramento, nel 1968, alle tecniche di infiltrazione in Grecia, all’epoca del regime dei colonnelli ha utilizzato le conoscenze acquisite ai danni dei  gruppi anarchici romani, dopo aver militato nella comitiva neofascista tra i quali spiccava Stefano Dalle Chiaie. Per quanto riguarda Paolo Signorelli egli è noto come intellettuale nazifascista, fondatore e collaboratore di diverse riviste d’area.

L’ex giudice Carlo Palermo ritiene Augusto Sinagra “frequentatore del circolo trapanese di Salvatore Scontrino dove nell’86 i carabinieri scoprirono sei logge massoniche e una superloggia coperta denominata Loggia C punto d’incontro fra massonerie e cupola mafiosa”

Altri frequentatori del circolo erano il principe Alliata di Monreale, coinvolto in diversi episodi della strategia della tensione e Michele Papa, l’agente Z del Sismi che, secondo l’ex giudice Palermo, rappresentava gli interessi di Gheddafi in Italia.

Ecco, ora, quando vedete i palestrati ragazzotti di Casa Pound impegnati a pattugliare le strade per garantire la “sicurezza” dei cittadini (rigorosamente italiani), o leggete articoli nei quali viene esaltata la loro sensibilità nel distribuire qualche pacco di pasta, sapete di quale organizzazione criminale fanno parte, e potete ben capire perché essi non possono risolvere alcun problema, rappresentando in realtà una pericolosità aggiuntiva.